4. Feb. 1821.
[601,2]
Cic.
Cato mai. seu de Senect. c. 23. Q1051232Et ex vita ita discedo, tanquam ex
hospitio, non tanquam ex domo. Il contesto vuol
che si legga: At ex vita.
[601,3]
Q1051232Quid enim habet vita
commodi? quid non potius laboris? sed habeat sane: habet certe tamen,
aut satietatem, aut modum. Non lubet enim mihi deplorare vitam, quod multi, et ii docti, saepe fecerunt; neque
me vixisse poenitet; quoniam ita vixi, ut non frustra me natum
existimem.
Cic.
Cato mai. seu de Senect. c. 23. in persona
di Catone.
[601,4] La mente nostra non può non solamente conoscere, ma
neppur concepire alcuna cosa oltre i limiti della materia. Al di là, non
possiamo con qualunque possibile sforzo, immaginarci una
602 maniera di essere, una cosa diversa dal nulla. Diciamo che l'anima
nostra è spirito. La lingua pronunzia il nome di questa sostanza, ma la mente
non ne concepisce altra idea, se non questa, ch'ella ignora che cosa e quale e
come sia. Immagineremo un vento, un etere, un soffio (e questa fu la prima idea
che gli antichi si formarono dello spirito, quando lo chiamarono in greco πνεῦμα
da πνέω, e in latino spiritus da spiro: ed anche anima presso i latini si
prende per vento, come presso i greci ψυχή derivante da ψύχω, flo spiro, ovvero refrigero); immagineremo una fiamma; assottiglieremo l'idea della materia
quanto potremo, per formarci un'immagine e una similitudine di una sostanza
immateriale; ma una similitudine sola: alla sostanza medesima non arriva nè
l'immaginazione, nè la concezione dei viventi, di quella medesima sostanza, che
noi diciamo immateriale, giacchè finalmente è l'anima appunto e lo spirito che
non può concepir se stesso. In così perfetta oscurità pertanto ed ignoranza su
tutto quello che è, o si suppone fuor della materia, con che
603 fronte, o con qual menomo fondamento ci assicuriamo noi di dire
che l'anima {nostra} è perfettamente semplice, e
indivisibile, e perciò non può perire? Chi ce l'ha detto? Noi vogliamo l'anima
immateriale, perchè la materia non ci par capace di quegli effetti che notiamo e
vediamo operati dall'anima. Sia. Ma qui finisce ogni nostro raziocinio; qui si
spengono tutti i lumi. Che vogliamo noi andar oltre, e analizzar la sostanza
immateriale, che non possiamo concepir quale nè come sia, e quasi che l'avessimo
sottoposta ad esperimenti chimici, pronunziare ch'ella è del tutto semplice e
indivisibile e senza parti? Le parti non possono essere immateriali? Le sostanze
immateriali non possono essere di diversissimi generi? E quindi esservi gli
elementi immateriali de' quali sieno composte le dette
sostanze, come la materia è composta di elementi materiali. Fuor della materia
non possiamo concepir nulla, la negazione e l'affermazione sono egualmente
assurde: ma domando io: come dunque sappiamo che {l'}immateriale è indivisibile? Forse l'immateriale, e l'indivisibile
nella nostra mente sono tutt'uno? sono gli attributi di una stessa idea?
604 Primieramente ho già dimostrato come l'idea delle
parti non ripugni in nessun modo all'idea dell'immateriale. Secondariamente, se
l'immateriale è indivisibile e uno per essenza, non è egli diviso, non ha egli
parti, quando le sostanze immateriali, ancorchè tutte uguali, sono pur molte e
distinte? Dunque non vi sarà pluralità di spiriti, e tutte le anime saranno una
sola.
[604,1] Dopo tutto ciò, come possiamo noi dire che l'anima,
posto che sia immateriale, non può perire per essenza sua propria? Se lo spirito
non può perire per ciò che non si può sciogliere, così anche perchè non si può
comporre, non potrà cominciare. Meglio quei filosofi antichi i quali negando che
le anime fossero composte, e potessero mai perire, negavano parimente che
avessero potuto nascere, e volevano che sempre fossero state. Il fatto sta che
l'anima incomincia, e nasce evidentemente, e nasce appoco appoco, come tutte le
cose composte di parti.
[604,2] Oltracciò non osserviamo noi nell'anima
605 diversissime facoltà? la memoria, l'intelletto, la
volontà, l'immaginazione? Delle quali l'una può scemare, o perire anche del
tutto, restando le altre, restando la vita, e quindi l'anima. Delle quali altri
son più, altri meno forniti: come dunque la sostanza dell'anima è per natura,
uguale tutta quanta?
[605,1] Ma queste sono facoltà, non parti dell'anima. Primo,
l'anima stessa non ci è nota, se non come una facoltà. Secondo, se l'anima è
perfettamente semplice, e, per maniera di dire, in ciascheduna parte uguale alle
altre parti, e a tutta se stessa, come può perdere una facoltà, una proprietà,
conservando un'altra, e continuando ad essere? Come può accader questo, se noi
pretendiamo Q1051232cum simplex animi natura esset, neque haberet in se
quidquam admistum dispar sui, atque dissimile, non posse eum dividi:
quod si non possit, non posse interire? (Cic.
Cato mai. seu de Senect. c. 21. fine, ex
Platone.) {{V. p. 629. capoverso 2.}}
[605,2] In somma fuori della espressa volontà e
606 forza di un Padrone dell'esistenza, non c'è ragione
veruna perchè l'anima, o qualunque altra cosa, supposta anche e non ostante
l'immaterialità debba essere immortale; non potendo noi discorrere in nessun
modo della natura di quegli esseri che non possiamo concepire; e non avendo
nessun possibile fondamento per attribuire ad un essere posto fuori della
materia, una proprietà piuttosto che un'altra, una maniera di esistere, la
semplicità o la composizione, l'incorruttibilità o la corruttibilità. (4.
Feb. 1821.).