Composti. Voci composte.
Compounds. Compound words.
735,1 928,2 943,1 984,1 1292,1 2005,1 2277,3 2443,1 2595,1 2630,2 2633,1 2756 2876,2 3017,1 3902,4 4022,2 4088,5[735,1] La lingua greca da' suoi principii fino alla fine, non
lasciò mai di arricchirsi, e acquistar sempre, massimamente nuovi vocaboli. Non
è quasi scrittor greco {di qualsivoglia secolo,} che
venga nuovamente in luce, il quale non possa servire ad impinguare il
vocabolario greco di qualche novità.
736 Non è secolo
della buona lingua greca (la quale si stende molto innanzi, cioè almeno a Costantino, giacchè credo che S. Basilio e S. Crisostomo si citino nel Glossario sebbene anche nel Vocabolario) ne' cui scrittori la
lingua non si trovi arricchita di nuove voci e anche modi, che non si osservano
ne' più antichi. E questi incrementi erano tutti della propria sostanza e del
proprio fondo, giacchè la lingua greca fu oltremodo schiva d'ogni cosa
forestiera, ma trovava nelle sue radici e nella immensa facilità e copia de'
suoi composti, la facoltà di dir tutto quello che bisognava, e di conformare la
novità delle parole alla novità delle cose, senza ricorrere ad aiuti stranieri.
Insomma il tesoro e la natura, e non solamente ricchezza, ma fertilità naturale
e propria della lingua greca, era tale da bastare da per se sola, a tutte le
novità che occorresse di esprimere, come un paese così fertile che fosse
sufficiente ad alimentare
737 qualunque numero di nuovi
abitatori o di forestieri. E questo si può vedere manifestamente anche per
quello che interviene oggidì. Giacchè in tanta diversità di tempi e di costumi e
di opinioni, in tanta novità di conoscenze e di ritrovati, e fino d'intere
scienze e dottrine, qualunque novità massimamente scientifica occorra di
significare e denominare, si ha ricorso alla lingua greca. Nessuna lingua viva,
ancorchè pure le lingue vive sieno contemporanee alle nostre cognizioni e
scoperte, si stima in grado di bastare a questo effetto, e s'invoca una lingua
morta e antichissima per servire alla significazione ed enunziazione di quelle
cose a cui le lingue viventi e fiorenti non arrivano. La rivoluzione francese,
richiedendosi alla novità delle cose, la novità delle parole, ha popolato il
vocabolario francese ed anche europeo, di nuove voci greche. La fisica, la
Chimica, la storia naturale, le matematiche,
738 l'arte
militare, la nautica, {la medicina, la metafisica} la
politica ogni sorta di scienze o discipline, ancorchè rinnovellate e
diversissime da quelle che si usavano o conoscevano dagli antichi greci,
ancorchè nuove di pianta, hanno trovato in quella lingua il capitale sufficiente
ai bisogni delle loro nomenclature. Ogni scienza o disciplina nuova, comincia
subito dal trarre il suo nome dal greco. E questa lingua ancorchè da tanti
secoli spenta, resta sempre inesauribile, e provvede a tutto, e si può dire che
prima mancherà all'uomo la facoltà di sapere di conoscere e di scoprire, prima
saranno esaurite tutte le fonti dello scibile, di quello che manchi alla lingua
greca la facoltà di esprimerlo, e sia inaridita la fonte delle sue denominazioni
e parole. Il qual uso, ancorchè io lo biasimi e condanni per le ragioni che ho
dette altrove p. 48
p.
50, non è però che non renda evidente e palpabile l'onnipotenza
immortale di quella lingua.
[928,2] La lingua Sascrita, quell'antichissima lingua indiana,
che quantunque {diversamente} alterata e corrotta, e
distinta in moltissimi dialetti, vive ancora e si parla in tutto l'
929
Indostan, (Annali di Scienze e Lettere
Milano. 1811. Gennaio. vol. 5. N. 13.
Vilkins, Gramatica della lingua
Sanskrita: articolo tradotto da quello di un cospicuo letterato nell'Edinburgh
Review. p. 28. 29. 31. fine - 32. principio. e 32. mezzo. 35. fine
- 36. principio) e altre parti dell'India, (ivi, 28.
fine) e segnatamente sotto nome di lingua Pali in tutte le nazioni
*
poste all'oriente della medesima India (ivi 36.);
quella lingua che Sir William
(Guglielmo) Jones famosissimo per la cognizione sì delle cose
orientali, sì delle lingue orientali e occidentali (ivi 37. princip. e
fine), non dubitò di dichiarare essere più perfetta della greca,
più copiosa della Latina, e dell'una e dell'altra più
sapientemente raffinata
*
(ivi 52.); quella
lingua dalla quale è opinione di alcuni dotti inglesi del nostro secolo,
{non senza appoggio di notabili argomenti e
confronti,} che sieno derivate, o abbiano avuto origine comune con
lei, le lingue Greca, Latina, Gotica, e l'antica Egiziana o Etiopica {(come pure i culti popolari {primitivi} di tutte queste nazioni)} (ivi. 37. 38.
princip. e fine); questa lingua, dico, antichissima, ricchissima,
perfettissima, avendo otto casi, non si serve delle preposizioni coi nomi
(i suoi otto casi rendono
superfluo l'uso delle preposizioni.
*
ivi 52. fine), ma
le adopera esclusivamente da
prefiggersi ai verbi,
*
come {si
fa} in greco, laddove,
sole, rimangonsi prive affatto d'ogni significato.
*
(ivi.) Così che tutte le sue preposizioni sono destinate espressamente
ed unicamente alla composizione, e a variare e moltiplicare col mezzo di questa,
i significati
930 dei verbi. (Altre particolarità di
quella lingua, analoghe affatto alle particolarità e pregi delle nostre lingue
antiche, come formalmente l'osserva l'Estensore dell'articolo, puoi vederle, se
ti piacesse, nel fine d'esso articolo, cioè
dalla metà della p. 52. a tutta la p. 53.) (11. Aprile
1821.).
[943,1] La lingua chinese è tutta {architettata e} fabbricata sopra un sistema di composti, non solo
quanto ai caratteri, {de' quali v. il pensiero precedente} ma parimente alla
pronunzia, ossia a' vocaboli. Giacchè i loro vocaboli radicali esprimenti i
caratteri non sono più di 352. secondo il Bayer, e 383 secondo il Fourmont. {+Ed eccetto che il
valore di {alcuni di} questi vocaboli si
diversifica {talvolta} per via di quattro toni,
dell'uno dei quali si appone loro il segno (Annali ec. p. 317.- 318. e 320. lin.
7.), tutti gli altri vocaboli Chinesi} sono composti; come
si vede anche nella maniera in cui si scrivono quando si trasportano
originalmente nelle nostre lingue. Annali ec. l. cit. nel pensiero
anteced. Rèmusat ec. p. 319. mezzo - 320 mezzo.
(14. Aprile 1821.). {{V. p. 944. capoverso
1.}}
[984,1]
Delle qualità e pregi della lingua
Sascrita, v. alcune cose estratte da un articolo di Jones nelle Notizie
letterarie di Cesena 1791. 24. Nov. p. 365. colonna 1.
Dell'abuso ch'ella fa talvolta de' composti. ib. p. 363.
colonna 2. fine.
{+Abuso simile a quello che ne facevano
talvolta gli antichi scrittori, e massime poeti, latini, ma assai maggiore,
secondo la natura de' popoli orientali che sogliono sempre e in ogni genere
spingersi fino all'ultimo e intollerabile eccesso delle cose.}
(25. Aprile 1821.).
[1292,1]
Alla p. 1242.
Non è dunque da maravigliarsi che la lingua italiana fra le moderne sia tenuta
la più ricca. (Monti.) Ho già mostrato come la vera fonte
della ricchezza delle lingue antiche, consistesse nella gran facoltà dei
derivati e de' composti, e come questa sia la principal fonte della ricchezza di
qualsivoglia lingua, e quella che ne manca o ne scarseggia, non possa esser mai
ricca. La lingua italiana la quale cede alla greca e latina nella facoltà de'
composti (colpa più nostra che sua), abbiamo veduto
1293 e si potrebbe dimostrare con mille considerazioni, che nella facoltà dei
derivati, e nell'uso che finora ha saputo fare di tal facoltà, piuttosto vince
dette lingue, di quello che ne sia vinta. Sarà dunque vero che la lingua
italiana sia la più ricca delle moderne, e questa superiorità sua, che una volta
fu effettiva (e per le dette ragioni), non passerà come parecchie altre, se noi
non la spoglieremo di quelle facoltà che la producono, e sole la possono {principalmente} produrre; e che per l'altra parte sono
proprie della sua indole. Cioè se non la spoglieremo della facoltà di crear
nuovi composti e derivati, disfacendo quello che fecero i nostri antichi.
Giacchè l'impedire alla lingua {+(e ciò
per legge costante) che non segua ad} che non esercitare le facoltà
generative datele da quelli che la formarono, {è lo stesso
che spogliarnela, e quindi} si chiama disfare e non conservare l'opera
dei nostri maggiori.
[2005,1] L'ebraico manca si può dire affatto di composti, e
scarseggia assaissimo di derivati in proporzione delle sue radici e dell'immenso
numero di derivati che nella[nello] stesso
ragguaglio di radici, hanno le altre lingue. Ciò vuol dire, ed è effetto e segno
che la lingua ebraica è se non altro l'una delle più antiche. L'uso dei composti
(de' quali mancano pure, cred'io, tutte le lingue orientali affini all'Ebraica,
l'arabica ec.) non è infatti de' più naturali
2006 nè
facili ad inventarsi, e non sembra che sia stato proprio delle lingue primitive,
nè l'uno di quei mezzi, co' quali esse da principio si accrebbero. Infatti lo
spirito umano trova per ultimi i mezzi più semplici, qual è questo di comporre
con pochi elementi un vasto {vocabolario,}
diversissimamente combinandoli. Siccome appunto accadde nella scrittura, dove da
principio parvero necessari tanti diversi segni quante sono le cose o le idee.
Così dunque nelle radici ec. Bensì naturalissimo e primitivo, e l'uno de' primi
mezzi d'incremento che adoperò il linguaggio umano, è l'uso della metafora, o
applicazione di una stessa parola a molte significazioni, cioè di cose in
qualche modo somiglianti, o fra cui l'uomo trovasse qualche analogia più o meno
vicina o lontana. E di metafore infatti abbonda il vocabolario ebraico, e gli
altri orientali, cioè quasi ciascuna parola ha una selva di significati, e
sovente
2007 disparatissimi e lontanissimi, fra' quali
è ben difficile il discernere il senso proprio e primitivo della parola. Così
portava la vivezza dell'immaginazione orientale, che ravvicinava cose
lontanissime, e trovava rapporti astrusissimi, e vedeva somiglianze e analogie
fra le cose più disparate. Del resto senza quest'abbondanza di significazioni
traslate, e questo cumulo di sensi per ciascuna parola, la lingua Ebraica e le
sue affini, non avrebbero abbastanza da esprimersi, e da fare un discorso ec.
(28. Ott. 1821.).
[2277,3]
Alla p. 2079.
principio. I verbi latini semplici derivarono certo, almeno per la
massima parte, dai nomi: antichissimamente
2278 però,
ed in modo che grandissima parte delle loro radici nominative è ignota, e
passano essi per radici. In altri verbi si trova la radice nominativa, ed
alcuni, anzi non pochi di questi si veggono formati dai latini di {mano in} mano, anche in tempi recenti, cioè a' secoli di
Cicerone, degli Antonini, ec. Ma da poi che la
lingua formandosi e ordinandosi, adottò il costume de' verbi composti, essa
inclinò sempre a formarli da' verbi semplici, unendoli alle opportune
preposizioni avverbi, particelle, {nomi,} ec.
Pochissimo si compiacque di trar fuori di netto un verbo nuovo, composto di
preposizioni ec. e di un nome nuovamente e appostatamente ridotto a conjugazione
(Bella facoltà del greco italiano spagnolo) Se ne trovano alcuni di questi, ma
pochissimi (massime fatti da nomi sustantivi) in confronto specialmente della
immensa quantità degli altri verbi composti da verbi semplici. Dealbare (per altro la radice è aggettiva) è fra
questi
2279 pochi. (23. Dic. 1821.).
[2443,1] Di ciò che ho notato altrove p. 741. sgg.
pp.
805. sgg.
pp.
1076-77 che l'uso di fabbricar nuovi composti, e di supplir così al
bisogno di esprimer nuove idee, o nuove parti d'idee (ch'è tutt'uno, secondo le osservazioni della moderna
ideologia), essendo stato così comune alle lingue antiche, e alle stesse moderne
ne' loro principii, s'è poi quasi dimenticato, per utilissimo che sia; se ne
possono dar, fra l'altre, le seguenti ragioni.
[2595,1] A ciò che ho detto altrove pp. 2455-56
di quel verso dell'Alfieri, Disinventore od inventor del nulla, soggiungi.
Quest'appunto è la mirabile facoltà della lingua greca, ch'ella esprime
facilmente, senza sforzo, senza affettazione, pienamente e chiarissimamente, in
una sola parola, idee che l'altre lingue talvolta non possono propriamente e
interamente esprimere in nessun modo, non solo in una parola, ma nè anche in più
d'una. E questo non lo conseguisce la detta {lingua}
per altro mezzo che della immensa facoltà de' composti.
[2630,2] Ho detto p. 244 che gli scrittori greci
hanno ciascuno un vocabolarietto a parte, dal quale
2631 non escono mai o quasi mai, e nella totalità del quale ciascun d'essi si
distingue benissimo da ciascun altro, e ch'esso vocabolario, massime ne' più
antichi è molto ristretto, e che la lingua greca ricchissima in genere, non è
più che tanto ricca in veruno scrittore individuo; e tanto meno è ricca quanto
lo scrittore è più antico e classico, e quindi i più antichi e classici si
distinguono fra loro nelle parole e frasi più di quel che facciano parimente fra
loro i più moderni, che son più ricchi assai, ed abbracciano ciascuno una
maggior parte della lingua, onde debbono aver fra loro più di comune che gli
antichi non hanno fra loro medesimi, come che le parole e frasi di ciascuno
generalmente prese, sieno tutte ugualmente proprie della lingua.
[2633,1]
2633 Dalle suddette cose si può conoscere che l'immensa
ricchezza della lingua greca, non pregiudicava alla facilità di scriverla, e
quindi non s'opponeva alla sua universalità, non essendo necessaria più che
tanta ricchezza (o usata o conosciuta e posseduta) non solo per iscrivere e
parlar greco, ma eziandio per iscriverlo e parlarlo egregiamente; e bastando
poche radici per questo; poichè restavano liberi i composti all'arbitrio dello
scrittore, o quando anche non restassero liberi, infiniti composti e derivati
portava seco ciascuna radice, onde lo scrittore pratico di poche radici veniva
subito ad avere una lingua molto sufficiente a tutti i suoi bisogni. Il che
scemava infinitamente la difficoltà che si prova nelle lingue, perchè un
vocabolario sufficientissimo
2634 allo scrittore o
parlatore si riduceva sotto pochi elementi, e procedeva da pochi principii ossia
radici, e quindi era molto più facile ad impararlo ed impratichirsene, che se
esso senza essere niente maggiore, avesse contenuto tutta la lingua, ma fosse
proceduto da più numerose e diverse radici. Tutte queste circostanze siccome
quelle notate nel pensiero precedente non si trovavano nella lingua latina, che
meno ricca della greca, era però per la sua ricchezza più difficile a scrivere e
a parlare che la greca non fu, perchè la ricchezza (ancorchè minore) della
latina, bisognava averla tutta in contanti, a volere scrivere e parlar latino, e
massimamente a farlo bene. E l'orecchie latine erano delicatissime come le
francesi, circa il vero e
2635 proprio andamento {(e la purità)} della loro lingua, che rispetto alla
greca era liberissimo, cioè sommamente vario, ed in gran parte ad arbitrio.
(8. Ottobre. 1822.).
[2755,1]
Alla p. 2717.
Dico che la lingua francese è più ricca dell'italiana quanto alle parole non
sinonime. Intendo de' nomi e de' verbi. Nelle altre parti dell'orazione la
ricchezza nostra è incomparabile non solo colla lingua francese, ma pur colla
latina, e forse con ogni lingua viva. Questa ricchezza è utile, e reca alla
nostra lingua un'immensa ed inesauribile fecondità di frasi
2756 e di forme, e allo scrittore italiano la facoltà di poterne
sempre foggiar delle nuove, non solo conformi all'indole e proprietà della
lingua, ma che non paiano neppur nuove (forse neanche allo stesso scrittore),
perchè nascono come da se, dal fondo della lingua, chi ben lo conosce, e lo sa
coltivare e scaturiscono dalla natura di essa. Da ciò deriva una incredibile
varietà. Ma la sostanziale e necessaria ricchezza di una lingua non può
consistere nelle particelle ec.: bensì ne potrebbe nascere, se queste si
applicassero alla composizione delle parole, come fa la lingua greca, la quale è
ricchissima di nomi e di verbi (che sono la sostanza e la principal ricchezza di
una favella) non per altra cagione principalmente, se non per la estrema
abbondanza di preposizioni e particelle d'ogni sorta, e per l'uso larghissimo
ch'ella ne fa nella composizione d'ogni maniera di vocaboli. (5. Giugno.
ottava del Corpus Domini. 1823.).
[2876,2] Dico altrove pp. 740. sgg.
che l'uso di crear giudiziosamente e parcamente nuovi composti, fu mantenuto
dagli autori latini, e massime da' poeti, non solo fino alla intera formazione
della lingua e della letteratura, ma nello stesso secolo d'oro della latinità, e
nel tempo che immediatamente gli succedette. Di quest'uso parla Macrobio
2877
Saturn. VI.
5. mostrando che alcuni epiteti composti che si credevano fatti da
Virgilio sono di fabbrica più
antica. Segno qui alcuni composti {latini} de' quali
ch'io sappia non si trova esempio negli autori anteriori al secolo aureo. E
saranno tutti composti di due nomi, l'uno sostantivo e l'altro addiettivo, o
tutti e due sostantivi ec. {+o d'un nome
e d'un verbo o participio o verbale, ec.}
{che sono i composti più rari}; lasciando stare i nomi
o verbi ec. composti con proposizioni[preposizioni] o particelle, de' quali si potrebbero addurre al caso
nostro esempi in troppa abbondanza. Alipes, aliger,
armifer, armipotens, armisonus, aeripes, aerisononus[aerisonus], aerifer, aerifodina, aequaevus,
aequidistans presso Frontino
ed altri, algificus presso Gellio, aequilatio[aequilatatio]
presso Vitruvio, aequilateralis presso
Censorino, aequilaterus presso Marziano
Capella, aequilibris ec., aequinoctium, della qual voce vedi Festo appo il Forcellini in aequidiale, aequipedus ed aequipollens presso Apuleio, aequipondium presso Vitruvio,
aequicrurius presso Marziano Capella, alticinctus,
altitonans, altitonus, altivolus presso Plinio il vecchio, {+anguitenens, aegisonus,}
auricornus, aurifer, aurifex, aurifodina presso Plinio il vecchio, aurigena, auriger, auripigmentum presso Plinio e Vitruvio,
2878
auriscalpium presso Marziale e Scribonio, bijugus e bijugis (ma qui
c'entra un avverbio) e altri tali composti con bis,
equifĕrus ed equisētum
presso Plinio il vecchio, {+2. fontigenę di
Marziano, ignigena, ignipotens, ignipes, gemellipara,}
mellifer, mellificium, mellificus presso Columella, mellifico e melligenus presso Plinio il
vecchio, nidifico presso il medesimo e Columella, nidificium presso Apuleio,
nidificus presso Seneca tragico, noctifer e simili, nubifer, {+3.
nubifugus di Columella, floriparus
d'Ausonio, securifer, securiger,}
nubivagus presso Silio, nubigena (in proposito del quale è
da notare che Macrobio nel citato
luogo, che merita d'esser veduto, volendo provare come molti epiteti creduti
fatti da Virgilio sono più antichi, recita quel dell'Eneide 8. 293. Tu nubigenas, invicte,
bimembres,
*
e mostra che bimembris è di Cornificio,
ma di nubigena non dice niente, sicchè pare che lo
conceda per moderno, e veramente nel Forcellini non se ne trova esempio se non d'autori posteriori a Virgilio, il quale appresso il medesimo
Forcell. in questa voce non è
citato), {+1. penatiger d'Ovidio,}
solivagus presso il Forcellini, i cui esempi son tolti da Cicerone, e presso il med. Cic.,
de republ. I. 25. p. 70. ed.
Rom. 1822.; ed altri tali moltissimi.
(2. Luglio 1823.).
[3017,1] Come la lingua sascrita prodigiosamente ricca,
tragga e formi la sua ricchezza da sole pochissime radici, col mezzo del
grand'uso ch'ella fa della composizione e derivazione de' vocaboli, vedi l'Encyclop. méthodique, Grammaire et
littérature, article
Samskret, particolarmente il passo
3018 di M. Dow.
[3902,4] Dico altrove p. 806
pp.
2005-2007 che la lingua ebraica non ha voci composte. Si eccettuino
molti nomi propri, come Ab-raham, Ben-iamin, Mi-cha-el, Ierusalem (non è dell'antico
ebraico) ec. e forse anche {alcuni} nomi, non propri,
ma appellativi o cosa simile. (24. Nov. 1823.).
[4022,2] Composti spagnuoli. Cariredondo (faccia tonda). D. Quij. par. 2. cap. 3. principio.
(25. Gen. Domenica. 1824.).
[4088,5]
Nei frammenti delle poesie di Cic. massime in quelli delle sue
traduzioni di Arato, che si
trovano principalmente citati da lui, come
nei libri de Divinat. ec., sono
abbondantissimi i composti, e in particolari[particolare] quelli fatti di più nomi, alla greca (come mollipes), gran parte de' quali, se non la massima,
non debbono avere esempio anteriore, e mostrano essere coniati da lui ad esempio
del greco, e forse per corrispondere a quelli appunto che traduceva. (15.
Maggio. 1824.).
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