6. Agosto 1822.
[2595,1] A ciò che ho detto altrove [pp. 2455-56]
di quel verso dell'Alfieri, Disinventore od inventor del nulla, soggiungi.
Quest'appunto è la mirabile facoltà della lingua greca, ch'ella esprime
facilmente, senza sforzo, senza affettazione, pienamente e chiarissimamente, in
una sola parola, idee che l'altre lingue talvolta non possono propriamente e
interamente esprimere in nessun modo, non solo in una parola, ma nè anche in più
d'una. E questo non lo conseguisce la detta {lingua}
per altro mezzo che della immensa facoltà de' composti.
[2596,1]
2596 Quanta sia l'influenza dell'opinione e
dell'assuefazione anche sui sensi, l'ho notato altrove [p. 1733]
coll'esempio del gusto, che pur sembra uno de' sensi più difficili ad essere
influiti da altro che dalle cose materiali. Aggiungo una prova evidente. Io mi
ricordo molto bene che da fanciullo mi piaceva effettivamente e parevami di buon
sapore tutto quello che (per qualunque motivo ch'essi s'avessero) m'era lodato
per buono da chi mi dava a mangiare. Moltissime delle quali cose,
ch'effettivamente secondo il gusto dei più, sono cattive, ora non solo non mi
piacciono, ma mi mi dispiacciono. Nè per tanto il mio gusto intorno ai detti
cibi s'è mutato a un tratto, ma appoco appoco, cioè di mano in mano che la mente
mia s'è avvezzata a giudicar da se, e s'è venuta rendendo indipendente dal
giudizio e opinione degli altri, e dalla prevenzione che preoccupa la
sensazione. La qual assuefazione ch'è propria dell'uomo, e ch'è generalissima,
potrà essere ridicolo, ma pur è verissimo il dire che influisce anche in queste
minuzie, e determina il giudizio
2597 del palato sulle
sensazioni che se gli offrono, e cambia il detto giudizio da quello che soleva
essere prima della detta assuefazione. In somma tutto nell'uomo ha bisogno di
formarsi; anche il palato: ed è cosa facilissimamente osservabile che il
giudizio de' fanciulli sui sapori, e sui pregi e difetti dei cibi relativamente
al gusto, è incertissimo, {confusissimo} e
imperfettissimo: e ch'essi in moltissimi, anzi nel più de' casi non provano
punto nè il piacere che gli {uomini fatti} provano nel
gustare tale o tal cibo, nè il dispiacere nel gustarne tale o tal altro. Lascio
i villani, e la gente avvezza a mangiar poco, o male, o di poche qualità di
cibi, il cui giudizio intorno ai sapori (anzi il sentimento ch'essi ne provano)
è poco meno imperfetto e dubbio che quel dei fanciulli. Tutto ciò a causa
dell'inesercizio del palato.
[2597,1] Del resto quello ch'io ho detto di me stesso,
avviene indubitatamente a tutti, e ciascuno se ne potrà ricordare. Perchè
sebbene non tutti, col crescere, si liberano dall'influenza della prevenzione,
2598 e acquistano l'abito di giudicare da se
generalmente parlando, pure, in quanto alle sensazioni materiali, difficilmente
possono mancare di acquistarlo, essendo cosa di cui tutti gli spiriti sono
capaci. Nondimeno anche questo va in proporzione degl'ingegni, {e della maggiore o minore conformabilità,} ed io ho
espressamente veduto uomini di poco, o poco esercitato talento, durar
lunghissimo tempo a compiacersi di saporacci e alimentacci ai quali erano stati
inclinati nella fanciullezza. E ho veduto pochi uomini il cui spirito dalla
fanciullezza in poi abbia fatto notabile progresso, pochi, dico, n'ho veduti,
che anche intorno ai cibi non fossero mutati quasi interamente di gusto da quel
ch'erano stati nella puerizia.
[2598,1] Ben potrebbono tuttavia esser poco conformabili i
sensi {esteriori,} o qualcuno de' medesimi, in un uomo
di conformabilissimo ingegno. Ma si vede in realtà che questo accade di rado, e
per lo più la natura degli individui (come quella delle specie, e dei generi, e
come la natura universale) si corrisponde appresso a poco in ciascuna sua parte.
2599 E in questo caso particolarmente ciò è ben
naturale, poichè la conformabilità non è altro che maggiore o minor dilicatezza
di organi e di costruzione; e difficilmente si trovano affatto rozzi, {duri, non pieghevoli} i tali o tali organi in un
individuo che sia dilicatamente formato nell'altre sue parti. {+Come infatti è
osservato da' fisici che l'uomo (della cui suprema conformabilità di
mente diciamo altrove [pp. 1370-72]
pp. 1452-53
pp. 1568-69
[p. 1718]) è parimente di tutti gli animali
il più abituabile, e il più conformabile nel fisico: però il genere
umano vive in tutti i climi, e uno individuo medesimo in vari climi ec.
a differenza degli altri animali, piante ec. Così mi faceva osservare in
Firenze il Conte
Paoli.}
(6. Agosto. 1822.).