Memoria.
Memory.
1103,1 1177 1255,1 1364,3 1370,1 1378,2 1383,2.3 1453,12 1508,1 1523,1 1552,3 1631,1 1657,1 1675,2 1697,1 1716,1 1717,2 1718,1 1733,2 1764,2 1765,1 1775,21776,2 1951,1 2028,1 2046,1 2047,1 2110,1 2378,1 2401,1 3345,1 3737,1 3950,1.2Arte della memoria.
Art of memory.
2378,1[1103,1]
1103 La poca memoria de' bambini e de' fanciulli, che
si conosce anche dalla dimenticanza in cui tutti siamo de' primi avvenimenti
della nostra vita, e giù giù proporzionatamente e gradatamente, non potrebbe
attribuirsi (almeno in gran parte) alla mancanza di linguaggio ne' bambini, e
alla imperfezione e scarsezza di esso ne' fanciulli? Essendo certo che la
memoria dell'uomo è impotentissima (come il pensiero e l'intelletto) senza
l'aiuto de' segni che fissino le sue idee, e reminiscenze. (V. Sulzer ec. nella Scelta di Opusc. interessanti.
Milano 1775. p. 65. fine, e segg.) Ed
osservate che questa poca memoria non può derivare da debolezza di organi,
mentre tutti sanno che l'uomo si ricorda perpetuamente, e più vivamente che mai,
delle impressioni della infanzia, ancorchè abbia perduto la memoria per le cose
vicinissime e presenti. E le più antiche reminiscenze sono in noi le più vive e
durevoli. Ma elle cominciano giusto da quel punto dove il fanciullo ha già
acquistato un linguaggio sufficiente, ovvero da quelle {prime} idee, che noi concepimmo unitamente ai loro segni, e che noi
potemmo fissare colle parole. Come la prima mia ricordanza è di alcune pere
moscadelle che io vedeva, e sentiva nominare al tempo stesso. (28. Maggio
1821.).
[1176,2] 1. Questi tali geni sommi hanno consumato
rapidamente il loro corpo e le stesse loro facoltà mentali, lo stesso genio.
{+La soverchia delicatezza de' loro
organi li rende e più facili a consumarsi, e più facili a guastarsi,
rimanendo inferiori di facoltà agli organi i meno delicati, e i più
imperfetti.} Testimonio Pascal, morto di 39
1177 anni,
ed era già soggetto a una specie di pazzia. Testimonio Ermogene che forse fu uomo insigne e straordinario,
sebbene il suo secolo non gli permettesse di parer tale anche a noi, durante
quel poco di tempo che gli durò l'uso delle sue facoltà mentali. Testimonio quel
Genetlio di cui parla Esichio Milesio e Suida,
il quale non era che un portento di memoria; ma quello ch'io dico
dell'intelletto o della fantasia, dico pure della memoria, e si sono spesso
veduti uomini che erano portenti di memoria da giovani, divenir maraviglie di
dimenticanza da vecchi, o ancor prima. V.
il Cancellieri
Degli uomini di gran memoria ec.
S'io volessi qui noverare gli uomini insigni che hanno sofferto dal lato del
loro fisico, non per altro che a cagione del loro troppo ingegno; e le morti
immature che paiono essere inevitabili agli uomini di genio straordinariamente
prematuro, e prematuramente sviluppato e coltivato, non finirei mai. V. in
proposito del Chatterton famoso poeta
morto di 19 anni, lo Spettatore di
Milano, Quaderno 68. p. 276. Parte
straniera.
[1255,1] Io credo che la memoria non sia altro che
un'abitudine contratta o da contrarsi da organi ec. Il bambino che non può aver
contratto abitudine, non ha memoria, come non ha quasi intelletto, nè ragione
ec. E notate. Non solo non ha memoria, perchè poche volte ha potuto ricevere
questa o quella impressione, ed assuefarsi a richiamarla colla mente. Ma manca
formalmente della facoltà della memoria, giacchè nessuno si ricorda delle cose
dell'infanzia, quantunque le impressioni d'allora sieno più vive che mai, e
quantunque nell'infanzia possa essere ritornata al bambino quella tale
impressione, più volte ancora di quello che bisogna all'uomo fatto perchè
un'impressione o concezione qualunque gli resti nella memoria. Questa idea,
merita di essere largamente sviluppata e distinta. (1. Luglio
1821.).
[1364,3] La facoltà imitativa è una delle principali parti
dell'ingegno umano. L'imparare in gran parte non è che imitare. Ora la facoltà
d'imitare non è che una facoltà di attenzione esatta e
1365 minuta all'oggetto e sue parti, e una facilità di assuefarsi. Chi
facilmente si assuefa, facilmente e presto riesce ad imitar bene. Esempio mio,
che con una sola lettura, riusciva a prendere uno stile, avvezzandomicisi subito
l'immaginazione, e a rifarlo ec. Così leggendo un libro in una lingua
forestiera, m'assuefacevo subito dentro quella giornata a parlare, anche meco
stesso e senza avvedermene, in quella lingua. Or questo non è altro che facoltà
d'imitazione, derivante da facilità di assuefazione. Il più ingegnoso degli
animali, e più simile all'uomo, la scimia, è insigne per la sua facoltà e
tendenza imitativa. Questa principalmente caratterizza e distingue il suo
ingegno da quello delle altre bestie. Ampliate questo pensiero, e mostrate la
gradazione delle facoltà organiche interiori, nelle diverse specie di animali fino all'uomo; e come tutta
consista in una maggiore o minor facoltà di
attendere, e di assuefarsi, la
qual seconda facoltà, deriva in gran parte, ed è molto giovata dalla prima, e
sotto qualche aspetto è tutt'uno. (21. Luglio 1821.). {{v. p. 1383. capoverso 2.}}
[1370,1] Non solamente tutte le facoltà dell'uomo sono una
facoltà di assuefarsi, ma la stessa facoltà di assuefarsi dipende
dall'assuefazione. A forza di assuefazioni si piglia la facilità di assuefarsi,
non solo dentro lo stesso genere di cose, ma in ogni genere. Il fanciullo non ha
ancora un abito di assuefazioni, e perciò è difficile ad assuefarsi, e ad
imparare. Chi ha molto imparato più facilmente impara, sempre proporzionatamente
alle facoltà o disposizioni de' suoi organi, che variano secondo gl'ingegni, le
circostanze fisiche passeggere o stabili, le altre circostanze esteriori o
interiori, l'età massimamente ec. ec. Dico, più facilmente impara, o in quello
stesso genere di cose, cioè in un tal genere al quale i suoi organi siano più
disposti, e quindi più facili ad assuefarsi; ovvero in altri generi, o in
qualunque altro genere, perchè ogni assuefazione influisce sulla facilità
generale di assuefarsi, e quindi d'imparare, di conoscere, di abilitarsi
interiormente o esteriormente ec. L'apprendere, quanto alla memoria, non è che
assuefarsi, ma esercitando
1371 la memoria, si acquista
la facilità di questa assuefazione, cioè d'imparare a memoria. I fanciulli
mancando ancora di esercizio, poco sanno imparare a memoria, ma cominciando da
poche righe, arriveranno ben presto ad imparare libri intieri, perchè i loro
organi sono meglio disposti all'assuefazione che quelli d'ogni altra età, e per
isviluppare questa facoltà non hanno bisogno che di esercitarla, cioè di
assuefarla essa stessa. Tutto in somma nell'uomo è assuefazione. E seppure
esistono differenze d'ingegni, cioè organi più o meno disposti ad attendere ed
assuefarsi, ad assuefarsi a questa o quella cosa, a più o meno cose, o a tutte;
la qual differenza anch'io stimo ch'esista; ella è però tale che le diverse
assuefazioni possono affatto cancellarla, e rivolgerla anche al contrario, cioè
render l'uomo di piccolo ingegno, assai più penetrante ec. ec. e in somma di
maggiore ingegno, che l'uomo del più grande ingegno naturale. E ciò non solo
nelle cose ed assuefazioni materiali, o negli studi esatti ec. ma anche nelle
discipline più sottili, anche nelle cose spettanti alla immaginazione e al
genio.
1372 L'uomo insomma principalmente, e dopo
l'uomo gli altri viventi, i loro ig̃egni[ingegni] cognizioni, abilità, facoltà, opinioni, pensieri, detti,
fatti, {+le loro qualità, non in quanto
ingenite, ma in quanto sviluppate (ch'è come dire, non in potenza, ma in
atto, perchè le qualità non isviluppate son come non esistessero, oltre le
infinite modificazioni, onde sono suscettibili di parere diversissime ed
anche opposte qualità)} sono figli nati dell'assuefazione. (22.
Luglio. 1821.).
[1378,2] La facilità, anzi quasi la facoltà di attendere che tanto è necessaria
all'assuefazione, o la facilita, l'abbrevia, e la produce, anch'essa però si
accresce e perfeziona, e quasi nasce mediante l'assuefazione. (23. Luglio
1821.).
[1453,2] Malamente si distingue la memoria dall'intelletto,
quasi avesse una regione a parte nel nostro cervello. La memoria non è altro che
una facoltà che l'intelletto ha di assuefarsi alle concezioni, diversa dalla
facoltà di concepire o d'intendere. ec. Ed è tanto necessaria all'intelletto,
ch'egli senza di essa, non è capace di verun'azione, {+(l'azione
dell'intelletto è diversa dalla {semplice}
concezione ec.)} perchè ogni
1454 azione
dell'intelletto è composta, (cioè di premesse e conseguenza) nè può tirarsi la
conseguenza senza la memoria delle premesse. Bensì questa facoltà, che
quantunque inerentissima all'intelletto, e spesso appena distinguibile dalla
facoltà di concepire e di ragionare, è però diversa, può sommamente
illanguidirsi ec. senza che quella di concepire ec. s'illanguidisca nè si perda
ec. e può essere anche originariamente debole, in un intelletto ben provvisto
delle altre facoltà. Osservate però (contro quello che si suol dire che
l'ingegno è indipendente ec. dalla memoria) che non v'è quasi grande ingegno che
non abbia grande memoria, almeno originariamente. E ciò 1. perchè la facilità di
assuefarsi ec. che forma i grandi ingegni, cagiona naturalmente ed include anche
la facoltà della memoria ec. 2. perchè un ingegno senza memoria, ancorchè sia
grande, non si conosce per tale, non potendo produrre notabili effetti ec.
[1508,1] Senza notabile facoltà di memoria nessun ingegno può
acquistare, svilupparsi, assuefarsi, imparare, cioè nessun ingegno può nè
divenire nè meno esser grande; perchè quelle sensazioni, concezioni, idee, che
non sono se non momentanee, e si perdono, non possono produrne e prepararne
delle altre, e non possono quindi servire alla grandezza di un ingegno, tutte le
cui cognizioni sono acquisite, e le cui facoltà sono quasi nulle, e conformi a
quelle de' menomi
1509 ingegni senza la coltura
dell'esperienza, la qual esperienza è vana senza la memoria. La memoria si può
generalmente considerare come la facoltà di assuefazione che ha l'intelletto. La
qual facoltà è il tutto nell'uomo. (17. Agos. 1821.).
[1523,1] La facoltà di assuefarsi, in che consiste la
memoria, e l'assuefazione ad assuefarsi in che consiste quasi interamente
1524 la detta facoltà, fanno che la memoria possa anche
assuefarsi (come tutto giorno accade) a ritenere un'impressione ricevuta una
sola volta, supplendo l'assuefazione generale all'assuefazione particolare, e
venendo anche questo ad essere un effetto dell'assuefazione di richiamare. I
bambini che non hanno ancora quest'assuefazione, o insufficiente, non ritengono
impressione che non abbiano ricevuta più volte, e alla quale non si siano
individualmente assuefatti. E le stesse più buone memorie non riterranno a lungo
un'impressione non più ripetuta, s'essi medesimi di tratto in tratto non se la
ripetono, mediante l'immaginazione che la richiama, vale a dire mediante
successive reminiscenze, che formano l'assuefazione particolare a quella tale
impressione. E ciò che dico della memoria, dico delle altre abitudini, ed
abilità ec. (dipendenti pur da lei) che talvolta si possono acquistare in un
batter d'occhio, come imparare un'operazione di mano tanto da poterla rifare,
dopo averla veduta fare una sola volta. ec. Dove concorre la facoltà e facilità
di assuefazione della memoria,
1525 con quella degli
organi esteriori. Ma queste pure si perdono ordinariamente se non si ripetono, e
se l'assuefazione istantaneamente contratta, non si coltiva, mediante il
rinnuovamento non dell'impressione stessa, ma del suo effetto ec. Ancor qui però
vi sono delle differenze secondo la maggiore o minor facoltà di assuefazione e
di ritentiva, naturale e acquisita, che hanno i diversi individui. (19.
Agos. 1821.).
[1552,3] L'indebolimento della memoria, non è scancellamento
d'immagini o d'impressioni ec. ma inabilitamento degli organi, ad eseguire le
solite operazioni a cui sono assuefatti, tanto generali che particolari, e a
contrarre
1553 nuove assuefazioni particolari, cioè
nuove reminiscenze. (23. Agos. 1821.).
[1631,1] La memoria dipendendo dalle assuefazioni
particolari, e dalla generale, e quasi non esistendo (come si vede ne'
fanciulli) senza queste, può considerarsi come facoltà presso a poco acquisita.
(5. Sett. 1821.).
[1657,1] Tutto è materiale nella nostra mente e facoltà.
L'intelletto non potrebbe niente senza la favella, perchè la parola è quasi il
corpo dell'idea la più astratta. Ella è infatti cosa materiale, e l'idea legata
e immedesimata nella parola, è quasi materializzata. La nostra memoria, tutte le
nostre facoltà mentali, non possono, non ritengono, non concepiscono esattamente
nulla, se non riducendo ogni cosa a materia, in qualunque modo, ed attaccandosi
sempre alla materia quanto è possibile; e legando l'ideale col sensibile; e
notandone i rapporti {più o meno lontani,} e servendosi
di questi
1658 alla meglio. (9. Sett.
1821.). {{V. p. 1689. capoverso
2.}}
[1675,2]
Scire nostrum est reminisci dicono i Platonici.
Male nel loro intendimento, cioè che l'anima non faccia che ricordarsi di
1676 ciò che seppe innanzi di unirsi al corpo.
Benissimo però può applicarsi al nostro sistema {{, e di Locke.}} Perchè infatti l'uomo,
{(e l'animale)} niente sapendo per natura ec. tanto
sa, quanto si ricorda, cioè quanto ha imparato mediante le esperienze de' sensi.
Si può dire che la memoria sia l'unica fonte del sapere, ch'ella sia legata, e
quasi costituisca tutte le nostre cognizioni ed abilità materiali o mentali, e
che senza memoria l'uomo non saprebbe nulla, e non saprebbe far nulla. E siccome
ho detto pp. 1383-84
pp. 1453-55
pp. 1523-25
p. 1631 che la memoria non è altro che assuefazione, nasce (benchè
prestissimo) da lei, ed è contenuta in lei, così vicendevolmente può dirsi
ch'ella contiene tutte le assuefazioni, ed è il fondamento di tutte, vale a dire
d'ogni nostra scienza e attitudine. Anche le materiali sono legate in gran parte
colla memoria. Insomma siccome la memoria è essenzialmente assuefazione
dell'intelletto, così può dirsi che tutte le assuefazioni dell'animale sieno
quasi memorie proprie de' respettivi organi che si assuefanno. (11. Sett.
1821.). {{v. p. 1697.
principio.}}
[1697,1]
Alla p. 1676.
fine. Parimente si può dire che tutte le assuefazioni, e quindi tutte
le cognizioni, e tutte le facoltà umane, non sono altro che imitazione. La
memoria non è che un'imitazione della sensazione passata, e le ricordanze
successive, imitazioni delle ricordanze passate. {+La memoria (cioè insomma l'intelletto) è quasi
imitatrice di se stessa.} Come s'impara se non imitando? Colui che
insegna (sia cose materiali, sia cose immateriali) non insegna che ad imitare
più in grande o più in piccolo, più strettamente o più largamente. Qualunque
abilità materiale che si acquista per insegnamento, si acquista per sola
imitazione. Quelle che si acquistano da se, si acquistano mediante successive
esperienze a cui l'uomo va attendendo, e poi imitandole, e nell'imitarle,
acquistando pratica, {e imitandole meglio} finch'egli
vi si perfeziona. Così dico delle facoltà intellettuali. La stessa facoltà del
pensiero, la stessa facoltà inventiva o perfezionativa in qualunque genere
materiale o spirituale, non è che una facoltà d'imitazione, non particolare ma
generale. L'uomo imita
1698 anche inventando, ma in
maniera più larga, cioè imita le invenzioni con altre invenzioni, e non acquista
la facoltà inventiva (che par tutto l'opposto della imitativa) se non a forza
d'imitazioni, ed imita nel tempo stesso che esercita detta facoltà inventiva, ed
essa stessa è veramente imitativa. V. la p. 1540. fine, e segg.
(14. Sett. 1821.).
[1716,1] La memoria la più indebolita dimentica l'istante
passato, e ricorda le cose della fanciullezza. Ciò vuol dire che la memoria
perde la facoltà di assuefarsi (in cui ella consiste), e conserva le rimembranze
passate, perchè vi è assuefatta da lungo tempo; perde la facoltà
dell'assuefazione, ma non le assuefazioni contratte, se elle sono ben radicate
ec. ec. ec. (16. Sett. 1821.).
[1717,2] Chi non è avvezzo ad attendere e imparare, non impara mai. I contadini
stentano gli anni a mettersi in mente una mezza pagina della Dottrina Cristiana, il Credo ec. Certo fra i contadini si troverà
pure qualche buona memoria, e moltissimi hanno volontà d'imparare. Ma nessuna
facoltà senz'assuefazione: e la memoria la più felice per tutto il resto, non ha
la facoltà delle operazioni in cui non è esercitata. Lo stesso dico
dell'intelletto. Oltre che i villani non hanno una {bastante} assuefazione generale della memoria che renda lor facile di applicarla ai diversi
generi di assuefazioni particolari; nè dell'intelletto che renda lor facile
l'attendere, senza la qual facoltà
(che è pure acquisita) non v'è memoria. (16. Sett. 1821.).
[1718,1]
1718 Il fanciullino non riconosce le persone che ha
veduto una sola o poche volte, s'elle non hanno qualche straordinario distintivo
che colpisca la fantasia del fanciullo. Egli confonde facilmente una persona a
lui poco nota o ignota con altra o altre a lui note, una contrada del suo paese
da lui non ben conosciuta con la contrada in cui abita, un'altra casa colla sua,
un'[un] altro paese col suo ec. ec. ec.
Eppure l'uomo il più distratto, il meno avvezzo ad attendere, il più smemorato
ec. riconosce a prima vista la persona veduta anche una sola volta, distingue a
prima vista le persone nuove da quelle che conosce ec. ec. ec. {+(I detti effetti si debbono distinguere
in proporzione della diversa assuefabilità degli organi de' fanciulli, della
diversa loro forza immaginativa, che rende più o meno vive le sensazioni ec.
ec.)} Applicate questa osservazione a provare che la facoltà di
attendere, e quindi quella di ricordarsi, nascono precisamente dall'assuefazione
generale: applicatela anche alla
mia teoria del bello pp.
1184-201 , del quale io dico che il fanciullo ha debolissima idea, non
lo distingue da principio dal brutto, non conosce nè discerne i pregi o difetti
in questo particolare, se non saltano agli occhi ec. ec. ec. (17.
Settembre, 1821.).
[1733,2] Non v'è memoria senz'attenzione. Ponete due persone
dotate della stessa disposizione naturale, e facoltà acquisita di ricordarsi,
alle quali sia avvenuto un accidente comune in un medesimo tempo, ma in modo che
l'una v'abbia posto attenzione speciale, l'altra no. Dopo un certo tempo, (anche
breve) interrogate l'una e l'altra. Quella se ne ricorderà come fosse presente,
questa come se non fosse occorso. Quest'osservazione si può fare tutto
giorno.
[1764,2] La memoria per potersi ricordare ha bisogno che
l'oggetto della ricordanza sia in qualche maniera determinato.
Dell'indeterminato ella non si ricorda se non difficilissimamente e per poco, o
solo se ne ricorda rispetto a quella parte ch'esso può avere di determinato. Chi
vuol ricordarsi di qualunque cosa bisogna che ne determini in qualche modo
l'idea nella sua mente; e questo è ciò che facciamo tutto giorno senza pensarvi.
Le parole determinano, i versi determinano. Or questa è appunto la
1765 proprietà della materia: l'avere i suoi confini
certi e conosciuti, e il non mancar mai di termini per ogni verso, e di
circoscrizione. Tutto il secreto per aiutar la memoria, si riduce a
materializzare le cose o le idee quanto più si possa: e quanto più vi si riesce,
tanto meglio la memoria si ricorda. Bensì il progresso dell'assuefazione cioè
della facoltà della memoria fa ch'ella possa sempre più facilmente ricordarsi di
cose sempre meno materiali di quelle delle quali le era possibile il ricordarsi
da bambino e da fanciullo. (22. Sett. 1821.).
[1765,1] Io ho per fermo che il bambino appena nato, o certo
nel primo tempo che succede al pieno sviluppo de' suoi organi {nell'utero della madre,} non si ricordi dell'istante
precedente. Quest'è un'opinione che mi par dimostrata dal vedere come la facoltà
della memoria vada sempre crescendo a forza di assuefazione, onde il fanciullo
si ricorda più del bambino, il giovane più del fanciullo (del quale spesso ci
maravigliamo se mostra
1766 memoria di qualche cosa
alquanto lontana, di cui però ci sovveniamo senza pena, e consideriamo come uno
sforzo e una felicità di memoria in loro, quello che ci pare ordinarissimo in un
grande e in noi stessi) e così di mano in mano finch'ella viene a declinare
colla declinazione della macchina umana. Io dunque penso che nel bambino
perfettamente organizzato, non esista assolutamente memoria, prima
dell'assuefazione de' sensi, e dell'esperienze ec. (22. Sett.
1821.).
[1776,2] Ho detto altrove: pp. 461-62
pp. 658-59
pp. 1260-62
p.
1554 non si può fare, quello che troppo si vuol fare. Perciò
giornalmente si osserva che una cosa sfugge alla memoria nel punto ch'ella si
vuol ricordare,
1777 e se le offre spontaneamente
quando non ce ne curiamo. Infatti ogni volta che con soverchia contenzione di
mente ci mettiamo per richiamarci una ricordanza la più presente, e che ci
sovverrà forse poco dopo, possiamo esser sicuri di non ritrovarla, finchè non
abbiamo cessato di cercarla. Nel qual punto medesimo bene spesso ella ci
sovviene. {+Così noi ci
ricordiamo sempre di quel che ci siamo prefisso o che abbiamo desiderato
di dimenticare, e ce ne ricordiamo nel tempo che appunto non
volevamo.}
[1951,1] Ho detto p. 1103
p.
1255
p.
1718 che i fanciulli non ancora avvezzi ad attendere e ricordarsi,
facilmente misconoscono e confondono le persone che non
1952 hanno viste da qualche tempo ec. Similmente una notabile
mutazione di vestito {ec.} impedisce loro di
riconoscere una persona già nota, e ritarda anche la conoscenza delle notissime
e familiari. Tutti cotali effetti accadono pure negli animali, meno abituati
dell'uomo all'attenzione, e quindi alla ricordanza. (19. Ott.
1821.).
[2028,1] L'uomo si assuefa ad assuefarsi, ed impara ad
imparare, e ne ha bisogno. V. Staël
De l'Allemagne t. 1. 1.re part. ch. 18.
p. 155. fine-156. L'uomo del più gran talento non va esente da questo
bisogno, anzi con ciò solo può formarsi il talento, e senza ciò, come
spessissimo accade, la maggior disposizione possibile, resta affatto
infruttuosa, ed ignota a quello stesso che la possiede. Vale a dire che nessuna
facoltà esiste primitivamente nell'uomo; neppur quella d'imparare, che anch'essa
bisogna acquistarsi. (1. Nov. 1821.).
[2046,1] Chi vuol vedere come le facoltà umane sieno tutte
acquisite, e la differenza che passa fra l'acquisito e il naturale o innato,
osservi che tutte le facoltà {di cui l'uomo è capace,}
sono maggiori assai nell'uomo maturo {(e civile ec.)}
che nel fanciullo, se pur questi non ne manca affatto, e crescono insieme
coll'uomo: laddove le inclinazioni che sono ingenite, e ben diverse dalle
facoltà, generalmente parlando, come qua e là ho mostrato di questa o di quella,
e come si può dire di tutte (purchè sieno naturali e non acquisite anch'esse),
sono tanto maggiori, {più vive, notabili, numerose ec.}
quanto l'uomo è più vicino allo stato di natura, cioè o fanciullo, o primitivo,
o selvaggio, o ignorante ec. E quantunque le facoltà umane crescano coll'età e
dell'individuo, e de' popoli o del mondo, nondimeno, essendovi due generi di
disposizioni ad
2047 esse facoltà, altre acquisite,
altre naturali ed ingenite o in tutti o in qualcuno, quelle crescono allo stesso
modo delle facoltà, queste, perchè sono qualità naturali, sono assai maggiori
nell'uomo naturale, e massime nel fanciullo, che nell'uomo civilizzato o
nell'adulto, come tuttogiorno si osserva che i fanciulli son capaci di
avvezzarsi, di imparare ec. cose che gli uomini fatti non possono, se da
fanciulli non hanno incominciato. Insomma tutto quello ch'è naturale, è tanto
più forte e notabile, quanto il soggetto è meno coltivato ec. e tutto ciò che
coltivato è più forte ec. non è naturale ec. ec. (4. Nov.
1821.).
[2047,1] La memoria è la generale conservatrice delle
abitudini. O piuttosto (giacchè vediamo che, perduto quello che si chiama
memoria, pur si conservano le abitudini) siccome la memoria,
2048 in quanto facoltà, è una pura abitudine, così ciascun'altra
abitudine è una memoria. Di memoria son provveduti tutti i sensi, tutti gli
organi, tutte le parti fisiche o morali dell'uomo, che son capaci di avvezzarsi,
e di abilitarsi, e di acquistare
qualunque facoltà. La memoria è da principio una disposizione, poi una facoltà
di assuefarsi che ha l'intelletto umano; l'assuefabilità, e le assuefazioni
delle altre parti dell'uomo, sono disposizioni e facoltà di ricordarsi, di
ritenere, che hanno esse parti. La memoria è un'[un] abito, gli abiti altrettante memorie, attribuite dalla natura a
ciascuna parte assuefabile del vivente, in quanto disposizioni, ed acquistate in
quanto facoltà ed assuefazioni. Questo pensiero si può molto stendere, e cavarne
delle belle conseguenze, intorno alla natura della memoria, ed alla sua analogia
colle altre
2049 disposizioni e facoltà dell'uomo.
Siccome la memoria per diverse circostanze s'indebolisce o come disposizione, o
come facoltà, o nell'uno e nell'altro modo, così pure per diverse circostanze
fisiche, morali ec. accade all'assuefabilità ed alle assuefazioni delle altre
parti ed organi degli animali. {+E come
coll'esercizio l'altre assuefazioni ed assuefabilità, o si acquistano, o si
accrescono ec. così la memoria ch'è assuefabilità, e le reminiscenze che
sono assuefazioni ec.}
(4. Nov. 1821.).
[2110,1] Qualunque sensazione a cui l'animo umano non attenda
punto, non può assolutamente essere
ricordata neppure il momento dopo. La memoria non istà mai senza l'attenzione.
Giornalmente noi proviamo di tali sensazioni alle quali punto non attendiamo, e
di queste non possiamo mai ricordarci, sebbene la sensazione, quantunque non
attesa, l'abbiamo però realmente provata. Per es. quel romore che fa il pendolo
dell'oriuolo, senza che noi v'attendiamo punto, a causa dell'assuefazione. E
cento altre tali. Se l'attenzione è menoma, menoma è la memoria in tutti i
sensi. Per es. un discorso al quale non abbiamo badato quasi nulla, sebben tutto
l'abbiamo udito e compreso, volendo poi richiamarlo alla
2111 memoria, stenteremo assai {+anche un {sol} momento
dopo,} (laddove un discorso assai più lungo e complicato, al quale
abbiamo ben atteso, o volontariamente, o per forte impressione ch'esso ci abbia
fatto, lo ricorderemo agevolmente molto tempo dopo.) Se poi saremo riusciti a
richiamarlo, in tutto o in parte, ce ne ricorderemo di quindi innanzi
agevolmente, per l'attenzione che avremo posta nel richiamarlo. Insomma non si
dà memoria senz'attenzione (volontaria o involontaria che sia, come altrove ho
distinto pp. 1733-34): perciocchè la memoria è l'assuefazione
dell'intelletto, e l'intelletto non si assuefa senz'attendere, perchè
senz'attendere (più o meno) non opera. L'attenzione raddoppia o triplica la
sensazione, in modo che quella sensazione alla quale non abbiamo atteso,
l'abbiamo provata una sola volta, e perciò non vi ci siamo potuti assuefare,
cioè porla nella memoria; ma quella a cui abbiamo atteso, l'abbiamo provata
{e ripetuta
rapidamente e senz'avvedercene, nel nostro pensiero} come due, tre,
quattro volte, secondo che l'attenzione è stata maggiore
2112 o minore, (l'attenzione, {dico,} o
l'impressione che sia) e quindi vi ci siamo assuefatti più o meno, vi abbiamo
più o meno accostumato l'animo, cioè ce la siamo posta nella memoria (volendo o
non volendo, cercatamente o no) più o meno fortemente e durevolmente. (17.
Nov. 1821.).
[2378,1]
2378 Che non si dà ricordanza, nè si mette in opera la
memoria senz'attenzione. Prendete a caso uno o due o tre versi di chi vi
piaccia, in modo che possiate, leggendoli una volta sola, tenerli tanto a
memoria da poterli poi ripeter subito fra voi, il che è ben facile in quello
stesso momento che si son letti: e ripeteteli fra voi stesso dieci o quindici
volte, ma con tutta materialità, come si fa un'azione ordinaria, senza pensarvi
e senza porvi la menoma attenzione. Di lì ad un'ora non ve ne ricorderete più,
volendo ancora richiamarli con ogni sforzo. Al contrario leggeteli solamente una
o due volte con attenzione, e intenzione d'impararli, o che vi restino impressi;
ovvero poniamo caso che da se stessi v'abbiano fatto una decisa impressione, ed
eccitata per questo mezzo la vostra mente ad attendervi, anche senza intenzione
alcuna d'impararli. Non li ripetete neppure fra voi, o ripetendoli, fatelo solo
una o due volte con attenzione. Di lì a più ore vi risovverranno anche
spontaneamente, e molto più se voi lo vorrete; e se allora di nuovo ci farete
attenzione, in modo che quella reminiscenza
2379 non
sia puramente materiale, ve ne ricorderete poi anche più a lungo per un certo
tempo. Dico tutto ciò per esperienza, trovando d'essermi scordato più volte
d'alcuni versetti ch'io per ricordarmene avea ripetuto meccanicamente fra me una
ventina di volte, e di averne ritenuto degli altri ripetuti una sola o due
volte, con decisa attenzione alle parti ec. E così d'altre cose ec. E chi sa che
queste o simili osservazioni non fossero il fondamento di quell'arte della
memoria che fra gli antichi s'insegnava e si professava come ogni altra
disciplina, siccome apparisce da molte testimonianze, e fra le altre da Senofonte nel Convito c. 4. §.
62.
[2401,1]
2401
Ετεκμαίρετο δὲ
*
(Socrate)
τὰς ἀγαϑὰς ϕύσεις ἐκ τοῦ ταχύ τε μανϑάνειν οἷς
προσέχοιεν, καὶ μνημονεύειν ἃ ἂν μάϑοιεν
*
. Senof.
Ἀπομνημον. l. 4. c. l. §. 2.
(19. Aprile. Venerdì in Albis, 1822.).
[3345,1]
3345 7. La memoria, indipendentemente dall'esercizio,
il quale anzi per se, tanto l'accresce quanto è maggiore, più assiduo, più
lungo, decresce evidentemente (almeno per l'ordinario) secondo l'età. Anzi
osservando, si vede chiaro ch'ella ne' fanciulli è maggiore naturalmente, e
minore per difetto o scarsezza d'esercizio, e che coll'età crescono le sue
forze, per così dire artifiziali e fattizie, e scemano le naturali; finchè
distrutte queste ne' vecchi quasi affatto, anche quelle divengono inutili, e si
perdono e dileguano, mancato loro il subbietto, cioè la disposizion fisica {a ritenere} degli organi destinati alla memoria. Le
forze della memoria nell'uomo maturo sono quasi medie {tra
quelle del fanciullo e del vecchio,} perchè le fattizie suppliscono
alle naturali, che nel fanciullo sono maggiori assai che nell'uomo maturo, ma in
questo sono maggiori assai che nel vecchio, e bastano {ancora} a servir di materia {e subbietto}
alle forze artifiziali e derivanti dall'esercizio generale e particolare,
passato e presente, ch'è maggiore nell'uomo maturo che nel fanciullo ec. È anche
indubitabile che fisicamente altri ha maggiore, altri minor memoria, alcuni
prodigiosa, altri niuna; e ciò in pari età, e
3346
supposta eziandio la parità di tutte l'altre circostanze. E questa differenza
fisica talora è primitiva e innata, {{ossia dalla nascita,}} talora avventizia, ma pur sempre fisica, e
indipendente, almeno in gran parte e radicalmente, dalle cause morali ec.
Altresì è certo che in uno stesso individuo in una stessa età, anzi pure non di
rado in una stessa giornata in diverse ore, per cause evidentemente fisiche, la
memoria ora è più pronta e maggiore e più chiara, ora meno; ora più ora men
facile sia ad apprendere sia a rimembrare, e disposta a farlo più o meno
perfettamente ec. Or tutto questo discorso della memoria in cui si scorge tanto
di fisico ec. perchè non dovrà eziandio applicarsi all'ingegno, al talento,
all'intelletto ec. ch'è pure una facoltà dell'anima come la memoria, e viene ed
è fondato, siccome questa, in una disposizione naturale, primitiva e innata
nell'uomo ec.? (3. Settembre. 1823.). {{Se la
disposizion fisica e naturale è varia quanto alla memoria nelle diverse età,
ne' diversi individui, in diversi tempi ec. indipendentemente dal morale,
perchè non eziandio quanto
3347 all'intelletto e al
talento? (3. Settembre. 1823.).}}
[3737,1]
3737 Altrove ho detto pp. 2110-12
pp. 2378-80 che non si
dà reminiscenza senza attenzione, e che dove non fu attenzione veruna, di quello
è impossibile che resti o torni ricordanza. L'attenzione può esser maggiore o
minore e secondo la memoria (naturale o acquisita) della persona, e secondo la
maggiore o minore durevolezza e vivacità della ricordanza che ne segue. Può
essere anche menoma, ma se una ricordanza qualunque ha {pur} luogo, certo è che una qualunque attenzione la precedette. Può
essere eziandio che l'uomo non si avvegga, non creda, non si ricordi di aver
fatta attenzione alcuna a quella tal cosa ond'e' si ricorda, ma in tal caso, che
non è raro, e' s'inganna. Forse l'attenzione non fu volontaria, fors'ella fu
anche contro la volontà, ma ella non fu perciò meno attenzione. Se quella tal
cosa lo colpì, lo fermò, anche momentaneamente, anche leggerissimamente, anche
decisamente contro sua voglia, ancorch'ei ne distogliesse subito l'animo; ciò
basta, l'attenzione vi fu, l'averlo colpito non è altro che averlo fatto
attendere, comunque pochissimo e per pochissimo, comunque obbligandovelo mal
grado suo. (20. Ott. 1823.).
[2378,1]
2378 Che non si dà ricordanza, nè si mette in opera la
memoria senz'attenzione. Prendete a caso uno o due o tre versi di chi vi
piaccia, in modo che possiate, leggendoli una volta sola, tenerli tanto a
memoria da poterli poi ripeter subito fra voi, il che è ben facile in quello
stesso momento che si son letti: e ripeteteli fra voi stesso dieci o quindici
volte, ma con tutta materialità, come si fa un'azione ordinaria, senza pensarvi
e senza porvi la menoma attenzione. Di lì ad un'ora non ve ne ricorderete più,
volendo ancora richiamarli con ogni sforzo. Al contrario leggeteli solamente una
o due volte con attenzione, e intenzione d'impararli, o che vi restino impressi;
ovvero poniamo caso che da se stessi v'abbiano fatto una decisa impressione, ed
eccitata per questo mezzo la vostra mente ad attendervi, anche senza intenzione
alcuna d'impararli. Non li ripetete neppure fra voi, o ripetendoli, fatelo solo
una o due volte con attenzione. Di lì a più ore vi risovverranno anche
spontaneamente, e molto più se voi lo vorrete; e se allora di nuovo ci farete
attenzione, in modo che quella reminiscenza
2379 non
sia puramente materiale, ve ne ricorderete poi anche più a lungo per un certo
tempo. Dico tutto ciò per esperienza, trovando d'essermi scordato più volte
d'alcuni versetti ch'io per ricordarmene avea ripetuto meccanicamente fra me una
ventina di volte, e di averne ritenuto degli altri ripetuti una sola o due
volte, con decisa attenzione alle parti ec. E così d'altre cose ec. E chi sa che
queste o simili osservazioni non fossero il fondamento di quell'arte della
memoria che fra gli antichi s'insegnava e si professava come ogni altra
disciplina, siccome apparisce da molte testimonianze, e fra le altre da Senofonte nel Convito c. 4. §.
62.
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