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19. Sett. 1821.

[1733,2]  Non v'è memoria senz'attenzione. Ponete due persone dotate della stessa disposizione naturale, e facoltà acquisita di ricordarsi, alle quali sia avvenuto un accidente comune in un medesimo tempo, ma in modo che l'una v'abbia posto attenzione speciale, l'altra no. Dopo un certo tempo, (anche breve) interrogate l'una e l'altra. Quella se ne ricorderà come fosse presente, questa come se non fosse occorso. Quest'osservazione si può fare tutto giorno.
[1733,3]  Ma vi sono due specie di attenzioni. Una volontaria, ed una involontaria; o piuttosto una spirituale, un'altra materiale.  1734 Della prima non si diventa capaci se non coll'assuefazione (e quindi facoltà) di attendere. E perciò gli uomini riflessivi e generalmente gl'ingegni o grandi, o applicati, hanno ordinariamente buona memoria, e si distinguono assai dal comune degli uomini nella facoltà di ricordarsi anche delle minuzie, perchè sono assuefatti ad attendere. Della seconda specie sono quelle attenzioni che derivano da forza e vivacità delle sensazioni, le quali colla loro impressione costringono l'anima ad un'attenzione in certo modo materiale. Perciò gli spiriti suscettibili, e immaginosi, ancorchè non abbiano grande ingegno, o almeno non abbiano l'assuefazione di molto attendere, cosa naturale in questi tali, sono sempre d'ottima memoria, perchè tutto fa in loro proporzionatamente maggiore impressione che negli altri. (E questo è forse {il più ordinariamente} tutto ciò che si considera per dono naturale di buona e squisita memoria. Vedete com'ella sia nulla per se stessa, e dipendente, anzi quasi  1735 tutt'uno colle altre facoltà mentali.) E così il dono della memoria pare ad essi ed agli altri naturale, ed innato precisamente, in loro, perchè senza l'assuefazione di attendere, essi attendono spontaneamente a causa della forza in certo modo materiale delle impressioni. Quindi in gran parte deriva la durevolezza delle ricordanze di ciò che appartiene alla fanciullezza, dove tutte le impressioni, siccome straordinarie, sono vivissime, e quindi l'attenzione è grande benchè il fanciullo non ne abbia l'abito. {+E detta durata, siccome detta attenzione è proporzionata alla diversa immaginativa, suscettibilità, assuefabilità, delicatezza insomma e conformabilità degli organi de' diversi fanciulli.} Così la memoria degl'ignoranti, o poco avvezzi a sensazioni variate ec., memoria nulla dovunque è necessario l'abito di attendere (v. p. 1717.), suol essere tenacissima di tutte le sensazioni straordinarie, le quali per essi sono frequenti, perchè poco conoscono ec. ec. e la meraviglia opera in loro più spesso, e la novità non è rara per loro ec. e quindi li troviamo assai spesso di prontissima memoria, in cose di cui {noi} punto non ci ricordiamo ec. e vedendo che per essere ignoranti, non hanno esercizio  1736 nè d'attenzione nè di memoria, crediamo che questa in loro sia una precisa facoltà di cui la natura gli abbia squisitamente dotati.
[1736,1]  La monotonia della vita contribuisce pure alla memoria, perch'ella giova all'attendere, escludendo l'abito delle distrazioni, {+(come anche la troppa moltitudine e varietà delle rimembranze che si pregiudicano l'una l'altra, sebbene anche queste si facilitano a proporzione dell'assuefazione)} e giova alla memoria tanto delle cose giornaliere, quanto e molto più, delle straordinarie, perchè ogni piccolo straordinario è raro, e quindi fa notabile impressione in chi è avvezzo all'uniformità.
[1736,2]  Non è ella cosa giornalmente osservata, che generalmente parlando ci ricordiamo di ciò che ci preme, e scordiamo di ciò che non c'importa? Questo viene che a quello si attende, a questo no.
[1736,3]  Tutto ciò non ha punto che fare con una facoltà speciale e distinta di ricordarsi che l'uomo porti dalla natura.
[1736,4]  E da queste osservazioni si conferma quanto la fabbrica intellettuale dell'uomo sia semplice in natura, cioè composta di pochissimi elementi, che diversamente modificati e combinati,  1737 producono infiniti e svariatissimi effetti. Ai quali l'uomo superficialmente badando, moltiplica i principii, le cagioni, le forze, le facoltà, che realmente sono pochissime e semplicissime. E infatti abbiamo veduto che la facoltà della memoria distintamente considerata, come si suole, facendone una delle tre principali potenze dell'anima, è un sogno, e ch'ella non è altro che una modificazione o un effetto dell'intelletto e della immaginazione.
[1737,1]  L'attenzione che ho chiamata materiale, si può applicare a tutte le altre assuefazioni umane indipendenti o poco dipendenti dallo spirito, e dalla stessa memoria. Giacchè non la sola assuefazione che chiamiamo memoria, ma tutte hanno bisogno dell'attenzione per esser contratte; bensì questa può essere, volontaria o involontaria, avvertita o no, spirituale insomma o materiale, come quella che cagionano (secondo che ho detto) le forti sensazioni. (19. Sett. 1821.).