28. Dic. 1820.
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fine. Non solamente nelle azioni naturali, o manuali, insomma
materiali, ma in tutte quante le cose umane, è necessario l'abbandono e la
confidenza: e per lo contrario la diffidenza, o il troppo desiderio, premura,
attenzione e studio di riuscire è cagione che non si riesca. Se tu non hai nulla
da perdere ti diporterai franchissimamente nel mondo. E acquisterai facilmente
il buon tratto e la stima, quando non avrai più stima da conservare: o in
proporzione. E viceversa. Che se ti troverai in un luogo, occasione ec. dove ti
prema {assai} di figurare, probabilmente sfigurerai. E
se parlando con una persona, ne avrai guadagnata la stima ti costerà moltissimo
il non perderla, quando ti sarai accorto di possederla, e ti premerà di
conservarla. La qual cosa succede massimamente nell'amore, o anche nella
galanteria, che cercando di conservare, si perde quella stima {e quell'amore} di una persona che si è guadagnato senza
cercarlo. Così discorrete di cento altri generi di cose. La natura insomma è la
sola potente, e l'arte non solo non l'aiuta, ma spesso la lega; e lasciando
462 fare si ottiene quello che non si può ottenere
volendo fare. La noncuranza dell'esito, e la sicurezza di riuscire è il più
sicuro mezzo di ottenerlo, come la troppa cura, e il troppo timore di non
riuscire, è cagione del contrario. Nè si può nelle cose umane acquistar
facilmente questa sicurezza, e schivar questo timore, senza una certa
noncuranza, o senza esser preparato in alterutram
partem. E perciò i disperati, o quelli che hanno tutto perduto, e
niente da perdere nè da conservare, riescono meglio degli altri nella vita. Nè
c'è un disperato così povero e impotente che non sia buono a qualche cosa nel
mondo, da che è disperato. E questo è il motivo per cui naturalmente, e non a
caso, audaces fortuna iuvat.
(28. Dic. 1820.).