14. Sett. 1821.
[1697,1]
Alla p. 1676.
fine. Parimente si può dire che tutte le assuefazioni, e quindi tutte
le cognizioni, e tutte le facoltà umane, non sono altro che imitazione. La
memoria non è che un'imitazione della sensazione passata, e le ricordanze
successive, imitazioni delle ricordanze passate. {+La memoria (cioè insomma l'intelletto) è quasi
imitatrice di se stessa.} Come s'impara se non imitando? Colui che
insegna (sia cose materiali, sia cose immateriali) non insegna che ad imitare
più in grande o più in piccolo, più strettamente o più largamente. Qualunque
abilità materiale che si acquista per insegnamento, si acquista per sola
imitazione. Quelle che si acquistano da se, si acquistano mediante successive
esperienze a cui l'uomo va attendendo, e poi imitandole, e nell'imitarle,
acquistando pratica, {e imitandole meglio} finch'egli
vi si perfeziona. Così dico delle facoltà intellettuali. La stessa facoltà del
pensiero, la stessa facoltà inventiva o perfezionativa in qualunque genere
materiale o spirituale, non è che una facoltà d'imitazione, non particolare ma
generale. L'uomo imita
1698 anche inventando, ma in
maniera più larga, cioè imita le invenzioni con altre invenzioni, e non acquista
la facoltà inventiva (che par tutto l'opposto della imitativa) se non a forza
d'imitazioni, ed imita nel tempo stesso che esercita detta facoltà inventiva, ed
essa stessa è veramente imitativa. V. la p. 1540. fine, e segg.
(14. Sett. 1821.).