29. Luglio 1821.
[1404,1] Le Cinesi si storpiano per farsi il piede piccolo
riputando bellezza, quello ch'è contro natura. Che accade il noverare le tante
barbare cioè snaturate usanze e opinioni intorno alla bellezza umana? Certo è
però che tutti questi barbari, e i cinesi ec. trovano più bella una persona
snaturatasi e rovinatasi in quei tali modi, che una persona bellissima e
foggiata secondo natura. Anzi
1405 questa parrà loro
anche deforme in quelle tali parti ec. Dunque essi provano il senso del bello,
come noi nelle cose contrarie; dunque chi ha ragione de' due? perchè dunque si
chiamano barbari simili gusti?
[1405,1] Non perchè ripugnino assolutamente al bello, ch'essi
vi sentono, come noi vi sentiamo il brutto; ma perchè ripugnano al naturale. Il
bello è convenienza, il brutto sconvenienza. Ora è conveniente che le cose sieno
quali son fatte, ed abbiano le qualità che loro son proprie: e se la tua natura
è questa, tu devi esser così e non altrimenti. Quello dunque che ripugna alla
natura, è sconveniente. Convenienza e sconvenienza, come ognun vede, relativa al
modo di essere di ciascuna cosa.
[1405,2] Ma il bello non risulta solo dalla convenienza
stabilita dalla natura, anzi può non risultarne (ed ecco i gusti detti cattivi).
Risulta perpetuamente e necessariamente ed unicamente dall'opinione dell'uomo
prodotta dall'assuefazione, dall'inclinazione ec. Risulta, dico,
1406 dalla convenienza in quanto è giudicata tale
dall'uomo (o dal vivente); e quindi bello non è, se non ciò che all'uomo par
conveniente cioè bello. Così è. Fuori della opinione dell'uomo o del vivente non
esiste nè bello, nè brutto, e tolto il vivente, sono tolte affatto dal mondo, non solo le idee, ma le qualità
stesse di bello e brutto, (potendo però restare il buono {e
cattivo} in quanto giovi o noccia agli {altri} esseri ec.).
[1406,1] Siccome però l'unica cosa durevole e universale, è
la natura sì delle cose che di ciascuna cosa, perciò opinione durevole e
universale intorno alla convenienza ed al bello, non può essere se non quella
che è conforme a detta natura, cioè che giudica conveniente quello che la natura
ha fatto e disposto che appartenga agli esseri. (il che ha fatto e disposto non
già necessariamente e assolutamente ma per solo arbitrio e relativamente) Quindi
è che i gusti non naturali sia circa la forma degli uomini, sia circa le arti
imitatrici della natura, sia in qualunque altro genere che appartenga alla
natura in qualunque modo ec. tali gusti, dico, si chiamano cattivi, e lo sono;
in
1407 quanto ripugnando alla natura {reale (benchè} relativa{)}
delle cose, non ponno durare, nè essere universali. Al contrario il buon gusto,
è buono in quanto convenendo colla natura qual ella è effettivamente, è il solo
che possa durare, e in cui tutti appresso a poco possano convenire.
[1407,1] Quindi accade che presto o tardi si ride di uno
stile, di una pittura, di un portamento affettato ec. ec. di una persona
sfigurata ec. e queste cose si chiamano barbarie, come si chiamano barbarie
tutte quelle cose fuori affatto della sfera del bello, che ripugnano alla
natura, cioè al modo in cui le cose realmente sono, e perciò denno essere. E qui vedete che la barbarie
consiste sempre nell'allontanarsi dalla natura, e però i popoli civili hanno
ordinariamente buon gusto, perchè la civiltà ravvicina gli uomini alla natura
ec.
[1407,2] Sono dunque barbari e cattivi i gusti non naturali,
in quanto ripugnano alla natura, non già in quanto ripugnano al bello. Nessun
gusto ripugna al bello. Bello è ciò che tale si stima: bello era nel seicento lo
stile de' concetti e delle metafore ec. e dava
1408 ai
seicentisti quel piacere che dà a noi il buono stile; e il buono stile non
glielo dava.
[1408,1] Eccetto che, siccome i dettami, la forza, il senso,
l'influenza della natura, ponno ben essere offuscate e debilitate, ma non
estinte in verun secolo, e da verun costume, opinione ec. però è ben verisimile
che i seicentisti, sebben trovassero più bello quello stile barbaro che il
buono, pur non ne provassero quel piacere che proviamo noi del buono, cioè
naturale; se ne saziassero facilmente ec. Questa era conseguenza non del falso
bello, che nessun bello è falso, ma della falsata natura delle cose, che anche
in que' tempi era la stessa.
[1408,2] Ma quante ripugnanze colla natura, ci fa passare per
belle anche oggidì l'assuefazione ch'è una seconda natura! Quanto differiscono
nel gusto anche i secoli, che nel grosso e complessivamente son di buon gusto.
Quante diverse opinioni intorno a questa o quella bellezza, o parte di lei,
produce la stessa civiltà, che 1. è diversa e varia ne' vari luoghi e tempi ec.
2. varia bene spesso dalla natura
1409 medesima, e non
poco! Le quali cagioni non solo ci producono l'opinione, ma il conseguente senso
e gusto del bello, in cose non naturali, in cose anche ripugnanti alla natura.
Quanti abbigliamenti non naturali, quante foggiature snaturate della persona
stessa, quante mosse, portamenti ec. o diversissimi dalla natura o a lei
contrarissimi, ci paiono per l'assuefazione e l'opinione bellissimi, e
bruttissimi i loro contrari, e i naturali! Cani colle orecchie tagliate; cavalli
a coda tagliata ec. ec. Da mille altri generi di cose potrei cavare esempi di
questo.
[1409,1] Non basta. La natura benchè uniforme nel principale
ed essenziale, varia in moltissime cose accidentali (ma considerabilissime)
secondo le razze, i climi, i tempi, le circostanze. L'Etiope differisce dal
Bianco. Il gusto della scrittura orientale differisce dall'Europeo. Quello de'
Bardi da quello de' greci. Quello de' settentrionali moderni da quello de'
meridionali; quello degl'italiani ec. da quello de' francesi. E ciascuno di
questi, essendo conforme alla natura rispettiva, è buono per ciascuno dei detti
popoli ec.
1410 cattivo per gli altri; e produce in
ciascuno di essi quell'effetto, che produrrà in un altro popolo un gusto (almeno
in molte parti) contrario, il quale viceversa parrebbe e pare cattivo a
quell'altro popolo, tempo ec. Chi ha ragione? Quale di questi gusti, anzi di
queste nature, merita la preferenza? In ogni caso potrà piuttosto darsi la
preferenza a questa o quella natura, che a questo o quel gusto, il quale da che
è naturale, non solo è buono, ma se fosse conforme a un'altra natura, sarebbe
cattivo, e non durevole presso quel popolo; come non ha durato nella poesia ec.
inglese, il gusto francese. E il Catone di
Addisson si stima e non piace in
inghilterra; e quello che per lungo tempo non piace
(e forse non ha mai piaciuto) ad un'intera nazione, non è bello, relativamente a
lei; ed in quanto è fatto per lei, è dunque brutto; benchè piaccia ad altre
nazioni.
[1410,1] Come dunque {altrove}
pp. 1199-1200 abbiamo distinto il bello da ciò che reca diletto alla
vista, così bisogna formalmente distinguere il bello dal naturale.
1411 Non già che ciò che diletta la vista non possa
esser bello, o che il bello non possa recar diletto alla vista (anzi il bello
esteriore e sensibile glielo reca essenzialmente); ma queste due qualità sono
diverse, ed altro è il dilettar la vista, altro l'esser bello. Così altro è
l'esser naturale, altro l'esser bello; e può una cosa non esser naturale, e pur
bella, o viceversa: ed esser naturale e bella per colui, e naturale ma non bella
per costui ec. (29. Luglio 1821.)