19. 7.bre 1820.
[248,1] L'occupazione {della
società,} come quella che offre la società francese, riempie veramente
la vita, la riempie dico materialmente, ma non lascia così poco vuoto nell'animo
come la occupazione destinata a provvedere ai propri bisogni, ch'era quella
dell'uomo primitivo. E la sera, l'uomo che ha passata la giornata tutta intera
nel mondo il più vivo, vario, e pieno, {e ne' divertimenti
anche meno noiosi, e che si trova anche senza cure e dispiaceri,}
ripensando alla giornata passata, e considerando la futura, non si trova di gran
lunga così contento e pieno, come colui che considera i bisogni ai quali ha
provveduto, e fa i suoi disegni sopra quelli a' quali provvederà l'indomani.
Qualche cosa di serio è necessario che formi la base della nostra occupazione
per condurci ad una certa felicità (più o meno serio, secondo gl'individui), e
se bene tutte le cose sono ugualmente importanti per se stesse, e il nostro fine
sia sempre il piacere, nondimeno il puro spasso non è mai capace di soddisfarci.
La cagione è che ci bisogna un fine dell'occupazione, uno scopo al quale mirare,
acciocchè al piacere dell'occupazione si aggiunga quello della speranza, che
bene spesso forma essa sola il piacere dell'occupazione V. gli altri miei
pensieri in questo proposito pp. 172-73.
[249,1]
249 Gli Egesiaci (ramo della setta Cirenaica) dicevano
secondo il Laerzio (in Aristippo l. 2.
segm. 95.) Q1282359τόν τε σοϕὸν ἑαυτοῦ ἕνεκα πὰντα
πράξειν. Questa potrebb'esser la divisa di tutti i
sapienti moderni, in quanto sapienti.
[249,2] La natura in quanto natura assoluta e primitiva non ci
ha dato idea di altri doveri che verso noi stessi, ed ha limitato le norme del
giusto ai rapporti che l'animale ha con se stesso. Già verso gli animali d'altra
specie non è dubbio che la natura non ha dettato nessuna regola di onestà e di
rettitudine, perchè l'uomo non prova nessuna ripugnanza nel far male agli altri
animali anche senza suo vantaggio e per mero diletto, come a uccidere una
formica ec. E gli altri animali si pascono bene spesso di animali di altra
specie. Ma eziandio nella propria specie, l'uomo assolutamente primitivo, non
sente ingenitamente nessuna colpa a far male a' suoi simili per suo vantaggio,
come non la sentono gli altri animali, che maltrattano, combattono, e alle volte
anche si cibano dei loro simili, ed anche (sento dire) dei propri figli. In
quanto però alla figliuolanza è certo che la natura ha dettato alcune leggi, o
siano di semplice amore e inclinazione libera, o sieno anche sentimenti di
dovere; ma non perpetui; solo fino a un certo tempo, come vediamo negli animali,
250 che dopo alcun tempo è verisimile che non
riconoscano affatto i propri figli, massime quegli animali che ogni anno ne
producono più d'uno. E così avverrebbe all'uomo se il figlio arrivato all'età di
provvedersi da se, si separasse dai genitori, e questi l'uno dall'altro, come
fanno gli animali. Giacchè la necessità del Q677997concubitu prohihere
vago, non prova nulla in favore della società, perchè
anche gli uccelli si fabbricano il talamo espressamente e convivono con legge di
matrimonio finchè bisogna all'educazione sufficiente dei prodotti di quel tal
matrimonio, e nulla più; e non per questo hanno società. Nè la detta necessità,
riguardo all'uomo, si estende più oltre di questo naturalmente, ma
artifizialmente, e a posteriori, cioè posta la
società, la quale necessita la perpetuità de' matrimoni, e la distinzione delle
famiglie e delle possidenze. (19. 7.bre 1820.).