25. Sett. 1823.
[3518,1] Superiorità della natura sulla ragione,
dell'assuefazione (ch'è seconda natura) sulla riflessione. - Mio timor panico
d'ogni sorta di scoppi, non solo pericolosi, (come tuoni ec.), ma senz'ombra di
pericolo (come spari festivi ec.); timore che stranamente e invincibilmente
3519 mi possedette non pur nella puerizia, ma
nell'adolescenza, quando io era bene in grado di riflettere e di ragionare, e
così faceva io infatti, ma indarno per liberarmi da quel timore, benchè ogni
ragione mi dimostrasse ch'egli era tutto irragionevole.
{Io non credeva che vi fosse pericolo, e sapeva che non
v'era pericolo nè che temere; ma io temeva niente manco che se io avessi
saputo e creduto e riflettuto il contrario. (puoi vedere la p. 3529.).} Non potè nè la
ragione nè la riflessione liberarmi di quel timore irragionevolissimo,
perch'esso m'era cagionato dalla natura. Nè io certo era de' più stupidi e
irriflessivi, nè di quelli che men vivono secondo ragione, e meno ne sentono la
forza, e son meno usi di ragionare, e seguono più ciecamente l'istinto o le
disposizioni naturali. Or quello che non potè per niun modo la ragione nè la
riflessione contro la natura, lo potè in me la natura stessa e l'assuefazione; e
il potè contro la ragione medesima e contro la riflessione. Perocchè coll'andar
del tempo, anzi dentro un breve spazio, essendo io stato forzato in certa
occasione a sentire assai da vicino e frequentemente di tali scoppi, perdei
quell'ostinatissimo e innato timore in modo, che non solo trovava piacere in
quello
3520 che per l'addietro m'era stato sempre di
grandissimo odio e spavento senza ragione, ma lasciai pur di temere e presi
anche ad amare nel genere stesso quel che ragionevolmente sarebbe da esser
temuto; nè la ragione o la riflessione che già non poterono liberarmi dal timor
naturale, poterono poscia, nè possono tuttavia, farmi temere o solamente non
amare, quello che per natura o assuefazione, irragionevolmente, io amo e non
temo. {#1. Nè io son pur, come ho detto,
de' più irriflessivi, nè manco di riflettere ancora in questo proposito
all'occasione, ma indarno per concepire un timore che non mi è più
naturale.} Questo ch'io dico di me, so certo essere accaduto e
accadere in mille altri tuttogiorno, o quanto all'una delle due parti solamente,
o quanto ad ambedue. - Quello che non può in niun modo la riflessione, può {{e fa}} l'irriflessione. (25. Sett. 1823.).
{{V. p. 3908.}}
