137. Modo in cui da' greci e da' romani era chiamato l'uomo da bene, considerato come significativo delle opinioni, stato e carattere di quelle nazioni.
The way a good man was called by the Greeks and by the Romans, considered to be telling of the opinions, state, and character of those nations.
64-65[64,3]
A quel pensiero dell'Algarotti che è nel t. 8. delle sue op.
Cremona
Manini
1778-1784. p. 96. si può aggiungere il καλοκἄγαθος dei greci ch'è la
65 parola corrispondente dov'è notabile l'indole di
quella gentilissima e amabilissima nazione che un uomo onesto e probo
(quantunque non fosse bello, giacchè questo nome come il suo astratto
καλοκᾳγαθία si usurpava per significare la sola {perfetta} probità {{e integrità}} in
qualunque si trovasse) lo chiamava {buono e} bello;
tanto facea conto della bellezza, che non volea scompagnar l'elogio e
l'indicazione della virtù da quella della beltà e ciò costantemente e per
proprietà di lingua in maniera che si dava questo titolo anche a chi fosse
tutt'altro che bello. Popolo amante del bello e dilicato e sensibile,
conoscitore di quanto possa l'esterno e quello che cade sotto i sensi per ornare
l'interno, e quanto sia sublime l'idea della bellezza che non dovrebbe mai
essere scompagnata dalla virtù. Parimente si può aggiungere la parola
corrispondente latina frugi, che viene a dire, utile dimostrante la qualità dell'antico popolo romano
dove un uomo tanto si stimava quanto giovava al comune, ed era obbligo e costume
dei buoni il non vivere per se ma per la repubblica, onde per indicare un uomo
di garbo, un uomo buono, si considerava la sua qualità relativa al ben pubblico,
cioè in genere la sua utilità e quello che si poteva far di lui, onde lo
chiamavano, frugi, uomo da profitto, da cavarne
costrutto.