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190. Idea ed orrore che gli antichi avevano del destino da che venisse. Spiegasi eziandio lo stesso effetto negli uomini magnanimi e immaginosi de' tempi moderni.

The idea and horror of the ancients about where destiny comes from. This explains the same effect on magnanimous and imaginative men in modern times.

90-92

[90,1]  L'orrore e il timore della fatalità e del destino si trova più (anche oggidì che la superstizione è quasi bandita dal mondo) nelle anime forti e grandi, che nelle mediocri per cagione che i desideri e i fini di quelle sono fissi, e ch'elle li seguono con ardore, con costanza, e risoluzione invariabile. Così era più ordinariamente presso gli antichi, appo i quali la fermezza e la costanza e la forza {e la magnanimità} erano virtù molto più ordinarie che fra i moderni. E vedendo essi che spesse volte anzi frequentissimamente i casi della vita si oppongono ai desideri dell'uomo, erano compresi da terrore per la ragione della loro immobilità nel desiderare o nel diriggere le loro azioni a quel tale scopo che forse e probabilmente non avrebbero  91 potuto conseguire. Infatti nella infinita varietà dei casi è molto più improbabile che segua precisamente quello a cui tu miri invariabilmente, che gl'infiniti altri possibili. Ora accadendone piuttosto un altro non è effetto di destino fisso che ti perseguiti, ma di cieco accidente. Essi tuttavia com'è naturale come per un'illusione ottica {o meccanica} confondevano (e gli animi forti ed ardenti tuttora confondono) l'immobilità loro propria con quella degli avvenimenti, e perchè non erano spiriti da secondarli e adattarvisi, immaginavano che l'immobilità stesse non in se ma nei medesimi avvenimenti già stabiliti dal destino. Laddove gli spiriti mediocri, senza fermezza nè certezza di mire, nella moltiplicità dei loro fini, e si abbattono più facilmente a {uno o più di} quelli che desiderano, e anche nel caso opposto cedono senza difficoltà all'andamento delle cose, e da questo si lasciano trasportare, piegare, regolare, andando a seconda degli avvenimenti. Così essi non avendo immobilità in loro, nè vedendo la somma difficoltà di concordare i loro disegni cogli avvenimenti hanno l'intelletto più libero, e non pensano che la fortuna opponga loro un'opposizione forte e stabile, (la qual forza e stabilità non è veramente se non nella resistenza che le anime grandi oppongono agl'instabilissimi e casuali avvenimenti) ma considerano tutto come effetto del caso, e delle combinazioni, siccom'è infatti. Aggiungi l'invariabilità non solo dei fini, ma anche dei mezzi nei primi, (cioè ne' magnanimi) che non permette loro di cambiar principii, nè di regolare le loro azioni a norma degli avvenimenti, ma li conserva sempre costanti nel loro proposito e nel modo di seguitarlo, mentre il contrario accade nei secondi. E anche senza nessun proposito nè scopo, si vedrà che la sola fermezza e immutabilità del carattere, fa illusione sulla forza del destino ch'essendo  92 così vario pare immutabile a quelli che non vedono se non una sola via, {una sola maniera di contenersi di pensare e operare,} una sola sorta di avvenimenti, e come questi dovrebbero o pare a loro che dovrebbero accadere. E questo timore del destino si trova in conseguenza più o meno anche negli spiriti mediocri, o puramente ragionevoli e filosofici ec. quando provano qualche desiderio o mirano a qualche fine in modo che divengano immobili intorno a quel punto. V. Staël, Corinne l. 13. c. 4. p. 306, t. 2, edizione citata poco sopra. L'illusione che ho detto si può in qualche modo paragonare a quella che noi proviamo credendo la terra immobile perchè noi siam fermi su di lei, quantunque ella giri e voli rapidissimamente. E già si sa che anche nei magnanimi ella è più viva e presente secondo che essi si trovano in circostanze di desideri e mire più vive, determinate e focose forti ferme ec. nelle grandi passioni ec.

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