10. Ott. 1821.
[1883,1] Quanto giova a sentir le bellezze p. e. di una
poesia, o di una pittura ec. il saper ch'ella è famosa e pregiata, ovvero è di
autor già famoso e pregiato! Io sostengo che l'uomo del miglior gusto possibile,
leggendo p. e. una poesia classica, senza saper nulla della sua fama, (il che
può spesso accadere in ordine a cose moderne, o non ancor famose, o non ancor
conosciute da tutti per tali), e leggendola ancora con attenzione, non vi
scoprirebbe, non vi sentirebbe nè riconoscerebbe una terza parte delle bellezze,
non vi proverebbe una terza parte del diletto che vi prova chi la legge come
opera classica, e che potrà poi provarvi egli stesso rileggendola con tale
opinione. Io sostengo che oggi non saremmo così come siamo dilettati {p. e.} dall'Ariosto, se l'Orlando furioso fosse opera scritta e
uscita in luce quest'anno. Dal che segue che il diletto di un'opera di poesia,
1884 di belle arti, eloquenza, ed altre cose
spettanti al bello, cresce in proporzione del tempo e della fama; ed è sempre
(se altre circostanze non ostano) minore in chi ne gode per primo, o fra i
primi, cioè ne' contemporanei, ec. che in chi ne gode dopo un certo tempo.
Sebben la fama universale e durevole, è fondata necessariamente sopra il merito,
nondimeno dopo ch'ella per fortunate circostanze è nata dal merito, serve ad
accrescerlo, e il vantaggio e il diletto di un'opera deriva forse nella massima
parte, non più dal merito, ma dalla fama, e dall'opinione. Noi abbiamo bisogno
di farci delle ragioni di piacere, per provarlo. Il bello in grandissima parte
non è tale, se non perchè tale si stima. Quindi osservate quanta parte abbia la
fortuna nell'esito delle opere umane, e nella fama o nell'oscurità degli uomini.
Essendo certissimo che se oggi uscisse alla luce un'opera poetica di merito
assolutamente uguale o superiore a quello dell'Iliade, lasciando
da parte
1885 l'invidia, le cabale, le superstizioni,
le pedanterie; la sola differenza di prevenzione, differenza inevitabile perchè
Omero è stato tanti secoli prima di
noi, farebbe che il lettore il più di buon gusto e imparziale, provasse
assolutamente e senza confronto maggior diletto, e sentimento di bellezza,
leggendo l'iliade, che leggendo la nuova poesia. Tanto piccola parte del
bello consiste in cose e qualità intrinseche ed inerenti al soggetto, e
indipendenti dalle circostanze, e invariabili; e tanto piccola parte del diletto
che reca il bello, deriva da ragioni costanti, essenziali al soggetto, e comuni
a tutti i soggetti della stessa natura, e a tutti gl'individui e tempi che ne
possono godere. (10. Ott. 1821.).