25. Agosto 1820.
[227,1]
227 Come le persone di poca immaginazione e sentimento
non sono atte a giudicare di poesia, o scritture di tal genere, e leggendole, e
sapendo che sono famose, non capiscono il perchè, a motivo che non si sentono
trasportare, e non s'immedesimano in verun modo collo scrittore, e questo,
quando anche siano di buon gusto e giudizio, così vi sono molte ore, giorni,
mesi, stagioni, anni, in cui le stesse persone di entusiasmo ec. non sono {atte} a sentire, e ad essere trasportate, e però a
giudicare rettamente di tali scritture. Ed avverrà spesso per questa ragione,
che un uomo per altro, capacissimo giudice di bella letteratura, e d'arti
liberali, concepisca diversissimo giudizio di due opere egualmente pregevoli. Io
l'ho provato spesse volte. Mettendomi a leggere coll'animo disposto, trovava
tutto gustoso, ogni bellezza mi risaltava all'occhio, tutto mi riscaldava, e mi
riempieva d'entusiasmo, e lo scrittore da quel momento mi diventava ammirabile,
ed io continuava sempre ad averlo in gran concetto. In questa tal disposizione,
forse il giudizio può anche peccare attribuendo al libro ec. quel merito che in
gran parte spetta al lettore. Altre volte mi poneva a leggere coll'animo
freddissimo, e le più belle, più tenere, più profonde cose non erano capaci di
commuovermi: per giudicare non mi restava altro
228 che
il gusto e il tatto già formato. Ma il mio giudizio si ristringeva così alle
cose esterne, e nelle interne a una congettura dell'effetto che l'opera potesse
produrre in altrui. E l'opera non mi restava per conseguenza in grande
ammirazione. E noterò ancora che alle volte un'altra persona che si trovava in
circostanza da esser commosso, mi diceva mari e monti di quel libro, ch'egli
leggeva nel medesimo tempo. Questa considerazione deve servire 1. a spiegare la
diversità dei giudizi in persone ugualmente capaci, diversità che s'attribuisce
sempre a tutt'altro. 2. a non fidarsi troppo dei giudizi anche dei più
competenti e di se stesso, ed introdurre un pirronismo necessario anche in
questa parte. Il pubblico, e il tempo non vanno soggetti nei loro giudizi a
questo inconveniente. (25. Agosto 1820.).