5. Maggio. 1822.
[2419,2] L'animo forte ed alto resiste anche alla necessità,
ma non resiste al tempo, vero ed unico trionfatore di tutte le cose terrene.
Quel dolore profondissimo e ostinatissimo, che sdegnava e calpestava la
consolazione volgare
2420 della sventura, cioè
l'inevitabilità, e l'irreparabilità della medesima, e il non poterne altro, che
rinasceva ogni giorno e talvolta con maggior forza di prima, che per lunghissimo
spazio, era sembrato indomabile e inestinguibile, e piuttosto pareva accrescersi
di giorno {in giorno} che
scemarsi; per tutto ciò non può far che ricusi e non ammetta la consolazione del
tempo, e dell'assuefazione che il tempo insensibilmente e dissimulatissimamente
introduce, e che in ultimo, dopo ostinatissima guerra non si trovi vinto e
morto, e che quell'animo feroce non pieghi il collo, e non s'adatti a
strascinare il suo male senza sdegno, e senza forza di dolersene. E ben può egli
avere sdegnato e rifiutato per lungo tempo anche la consolazione del tempo, ma
non perciò l'ha potuta sfuggire. (5. Maggio. 1822.). {{Si può ricusare la consolazione della stessa necessità, ma
non quella del tempo.}}