15. Dec. 1823.
[3983,2]
Alla p. anteced.
principio. Certo è però che Anacreonte si accosta assai più di Omero, e forse più di qualunque altro poeta greco al dialetto comune,
anzi pochissimo se ne scosta nè per accostarsi all'ionico (se già le sue odi in
questa parte de' dialetti e massime nell'ortografia {+ad essi spettante}, non sono alterate) nè ad altro
veruno. Segno che al suo tempo {+benchè
molto antico,} il dialetto comune esisteva già, per mezzo della
letteratura ec. o piuttosto che il dialetto
3984 ionico
(il quale probabilmente fu quello che poi divenne il comune, e produsse l'attico
ec. come pare a molti eruditi) era allora per la maggior vicinanza de' tempi
(rispetto a quelli d'Omero) quasi uguale
(eccetto nello scioglier de' dittonghi, che in Anacreonte però di rado si sciogliono, {#1. e quando si sciolgono, è manifestamente
per la necessità o comodità del metro, nel qual caso è ben naturale} e
in altre cose tali, che si posson chiamar di pronunzia {#2. e in queste ancora Anacreonte è molto parco, se non dove l'uso del
verso l'esige, di modo ch'egli usa il dialetto suo, e si scosta dal comune
piuttosto come poeta che come scrittore, e come linguaggio e licenze
poetiche, non come dialetto.}) a quello che poi fu il comune, come si
vede in Ippocrate ec. ec. (15.
Dec. 1823.).