1. Maggio 1821.
[1001,2] Quello che ho detto pp. 970-73 della difficoltà naturale che
hanno e debbono avere i francesi a conoscere e molto più a gustare le altrui
lingue, cresce se si applica alle lingue antiche, e fra le moderne Europee e
colte, alla lingua nostra. Giacchè la lingua
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francese è per eccellenza, lingua moderna; vale a dire che occupa l'ultimo degli
estremi fra le lingue {nella cui indole ec.}
signoreggia l'immaginazione, e quelle dove la ragione. (Intendo la lingua
francese qual è ne' suoi classici, qual è oggi, qual è stata sempre da che ha
preso una forma stabile, e quale fu ridotta dall'Accademia). Si giudichi dunque
quanto ella sia propria a servire d'istrumento per conoscere e gustare le lingue
antiche, e molto più a tradurle: e si veda quanto male Mad. di Staël (v. p. 962.) la creda più atta ad esprimere la lingua romana che le
altre, perciocch'è nata da lei. Anzi tutto all'opposto, se c'è lingua
difficilissima a gustare ai francesi, e impossibile a rendere in francese, è la
latina, la quale occupa forse l'altra estremità o grado nella detta scala delle
lingue, ristringendoci alle lingue Europee. Giacchè la lingua latina è quella
fra le dette lingue (almeno fra le {ben} note, {e colte,} per non parlare adesso della Celtica poco nota
ec.) dove meno signoreggia la ragione. Generalmente poi le lingue antiche sono
tutte suddite della immaginazione, e però estremamente separate dalla lingua
francese. Ed è ben naturale che le lingue antiche fossero signoreggiate
dall'immaginazione più che qualunque moderna, e quindi siano senza contrasto, le
meno adattabili alla lingua francese, all'indole sua; ed alla conoscenza e molto
più al gusto de' francesi.
1003 Nella scala poi e
proporzione delle lingue moderne, la lingua italiana, {(alla
quale tien subito dietro la Spagnuola)} occupa senza contrasto
l'estremità della immaginazione, ed è la più simile alle antiche, ed al carattere antico. Parlo delle
lingue moderne colte, se non altro delle Europee: giacchè non voglio entrare
nelle Orientali, e nelle incolte regna sempre l'immaginazione più che in
qualunque colta, e la ragione vi ha meno parte che in qualunque lingua formata.
Proporzionatamente dunque dovremo dire della lingua francese rispetto
all'italiana, quello stesso che diciamo rispetto alle antiche. E il fatto lo
conferma, giacchè nessuna lingua {moderna colta,} è
tanto o ignorata, o malissimo e assurdamente gustata dai francesi, quanto
l'italiana: di nessuna essi conoscono meno lo spirito e il genio, che
dell'italiana; di nessuna discorrono con tanti spropositi non solo di teorica,
ma anche di fatto e di pratica; non ostante che la lingua italiana sia sorella
della loro, e similissima ad essa nella più gran parte delle sue radici, e nel
materiale delle lettere componenti il radicale delle parole (siano radici, o
derivati, o composti); e non ostante che p. e. la lingua inglese e la tedesca,
nelle quali essi riescono molto meglio, (anche nel tradurre ec. mentre una
traduzione francese dall'italiano dal latino o dal greco non è riconoscibile)
appartengano a tutt'altra famiglia di lingue. (1 Maggio 1821).
{{V. p. 1007. capoverso 1.}}