1. Maggio 1821.
[1004,2] Tanto era l'odio degli antichi (quanti aveano una
patria e una società) verso gli stranieri, e verso le altre patrie e società
qualunque; che una potenza minima, o anche una città solo assalita da una
nazione intera (come Numanzia da' Romani),
non veniva mica a patti, ma resisteva con tutte le sue forze, e la resistenza si
misurava dalle dette forze, non già da quelle del nemico; e la deliberazione di
resistere era immãcabile[immancabile], e
immediata, e senza consultazione vervna; e dipendeva dall'essere assaliti, non
1005 già dalla considerazione delle forze degli
assalitori e delle proprie, dei mezzi di resistenza, delle speranze che potevano
essere nella difesa ec. E questa era, come ho detto [pp. 879-80], una
conseguenza naturale dell'odio scambievole delle diverse società, dell'odio che
esisteva nell'assalitore, e che obbligava l'assalito a disperare de' patti;
dell'odio che esisteva nell'assalito, e che gl'impediva di consentire a
soggettarsi in qualunque modo, malgrado qualunque utilità nel farlo, e qualunque
danno nel ricusarlo, ed anche la intera distruzione di se stessi e della propria
patria, come si vede nel fatto presso gli antichi, e fra gli altri, nel citato
esempio di Numanzia.
[1005,1] Oggi per lo contrario, la resistenza dipende dal
calcolo, delle forze, dei mezzi, delle speranze, dei danni, e dei vantaggi, nel
cedere o nel resistere. E se questo calcolo decide pel cedere, non solamente una
città ad una nazione, ma una potenza si sottomette ad un'altra potenza, ancorchè
non eccessivamente più forte; ancorchè una resistenza vera ed intera potesse
avere qualche fondata speranza. Anzi oramai si può dire che le guerre o i piati
politici, si decidono a tavolino col semplice calcolo delle forze e de' mezzi:
io posso impiegar tanti uomini, tanti
danari ec. il nemico tanti: resta dalla
parte mia tanta inferiorità, o superiorità:
dunque assaliamo o no,
cediamo ovvero non cediamo.
1006 E senza venire alle mani, nè far prova effettiva
di nulla, le provincie, i regni, le nazioni, pigliano quella forma, quelle
leggi, quel governo ec. che comanda il più forte: e in computisteria si decidono
le sorti del mondo. Così discorretela proporzionatamente anche riguardo alle
potenze di un ordine uguale.
[1006,1] In questo modo oggi il forte, non è forte in atto,
ma in potenza: le truppe, gli esercizi militari ec. non servono perchè si faccia
esperienza di chi deve ubbidire o comandare ec. ec. ma solamente perchè si possa
sapere e conoscere e calcolare, a che bisogni determinarsi: e se non servissero
al calcolo sarebbero inutili, giacchè in ultima analisi il risultato delle cose
politiche, e i grandi effetti, sono come se quelle truppe ec. non avessero
esistito.
[1006,2] Ed è questa una naturale conseguenza della misera
spiritualizzazione delle cose umane, derivata dall'esperienza, dalla cognizione
sì propagata e cresciuta, dalla ragione, e dall'esilio della natura, sola madre
della vita, e del fare. Conseguenza che si può estendere a cose molto più
generali, e trovarla egualmente vera, sì nella teorica, come nella pratica.
Dalla quale spiritualizzazione che è quasi lo stesso coll'annullamento, risulta
che oggi in luogo di fare, si {debba} computare; e
laddove gli antichi facevano le cose, i moderni le contino; e i risultati una
volta delle azioni, oggi sieno
1007 risultati dei
calcoli; e così senza far niente, si viva calcolando e supputando quello che si
debba fare, o che debba succedere; aspettando di fare effettivamente, e per
conseguenza di vivere, quando saremo morti. Giacchè ora una tal vita non si può
distinguere dalla morte, e dev'essere necessariamente tutt'uno con questa
(1. Maggio 1821.).