6. Maggio 1821.
[1018,1] I filosofi moderni, anche i più veri ed effettivi, e
quelli che più mettono in pratica la loro filosofia, sono persuasi che il mondo
non potendo mai esser filosofo, bisogna che chi lo è, dissimuli questa sua
qualità, e nel commercio sociale si diporti per lo più nello stesso modo, come
se non fosse filosofo. All'opposto i filosofi antichi. All'opposto Socrate, il quale si
mostrò nel teatro al popolo che rideva di lui; i Cinici, gli Stoici, e tutti gli
altri. Così che i filosofi antichi formavano una classe e una professione
formalmente distinta dalle altre, ed anche dalle altre sette di filosofi: a
differenza de' moderni, che eccetto nel proprio interiore, si confondono {appresso a poco} intieramente colla moltitudine e colla
universalità. Conseguenza necessaria del predominio della natura fra gli
antichi, e della sua nessuna influenza sui moderni. Dalla qual natura deriva il
fare: e il dare una vita, una realtà, un corpo visibile, una forma sensibile,
un'azione allo
1019 stesso pensiero, alla stessa
ragione. Laddove i moderni pensatori e ragionevoli, si contentano dello stesso
pensiero, il quale resta nell'interno, e non ha veruna o poca influenza sul loro
esterno; e non produce quasi nulla nell'esteriore. E generalmente, e per la
detta ragione della naturalezza, l'apparenza e la sostanza erano assai meno
discordi fra gli antichi i più istruiti, e per conseguenza allontanati dalla
natura; di quello che sia fra i moderni i più ignoranti e inesperti, o più
naturali. (6. Maggio 1821.).