26. Maggio 1821.
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Alla pagina 894.
marg. Riferite pure agli stessi principii il danno, le stragi, la
miseria, l'impotenza p. e. dell'italia ne' bassi tempi, di
quell'italia ch'era per altro animata di sì vivo, sì attivo, e spesso sì
eroico amor di patria. Ma di patria oscura, debole, piccola, cioè le
repubblichette, e le città, e le terre nelle quali era divisa allora la nazione,
formando tante nazioni, tutte, com'è naturale, nemiche scambievoli. Dal che
nasceva l'oscurità, la debolezza, la piccolezza delle virtù patrie, e il poco
splendore dello stesso eroismo esistente. Riferite agli stessi principii, {cioè alla soverchia divisione e piccolezza, e alla conseguente
moltiplicità delle nimicizie,} il famosissimo danno, e l'estrema
miseria del sistema feudale. Riferitevi parimente il danno riconosciuto da tutti
i savi {oggidì} nel soverchio amore delle patrie
private, cioè delle città, ovvero anche delle provincie natali. Danno pur troppo
ed evidente e gravissimo oggi in italia, per naturale
conseguenza della sua divisione non solo statistica o territoriale, (come ogni
regno ec.) ma politica. Ed è osservabile che l'amor patrio (intendo delle patrie
private) regna oggi in italia tanto più fortemente
e radicatamente, quanto è maggiore o l'ignoranza, o il poco commercio, o la
piccolezza di ciascuna città, o terra, o provincia (come la Toscana); insomma in
proporzione
1093 del rispettivo grado di civiltà e di
coltura. E in alcune delle più piccole città d'italia l'amor patrio, e
l'odio de' forestieri è veramente accanito. E così proporzionatamente in Toscana,
paese pur troppo rimaso indietro nella coltura artificiale, non si sa come. E lo
stesso dico degl'individui più ignoranti ec. (26. Maggio
1821.).