13. Giugno 1821.
[1164,3] L'invidia, passione naturalissima, e primo vizio del
primo figlio dell'uomo secondo la S. Scrittura, è un effetto, e un indizio
manifesto dell'odio naturale dell'uomo verso l'uomo, nella società, quantunque
imperfettissima, e piccolissima. Giacchè s'invidia anche quello che noi abbiamo,
ed anche in maggior grado; s'invidia ancor quello che altri possiede senza il
menomo nostro danno; ancor quello che ci è impossibile assolutamente di avere, e
che neanche ci converrebbe; e finalmente quasi ancor quello che non desideriamo,
e che anche potendo avere non vorremmo. Così che il solo e puro bene altrui, il
solo aspetto dell'altrui supposta felicità, ci è grave naturalmente per se
stessa, ed è il soggetto di questa passione, la quale per conseguenza non può
derivare se non dall'odio verso gli altri, derivante dall'amor proprio, ma
derivante, se m'è lecito di
1165 così spiegarmi, nel
modo stesso nel quale dicono i teologi che la persona del Verbo procede dal
Padre, e lo Spirito Santo da entrambi, cioè non v'è stato un momento in cui il
Padre esistesse, e il Verbo o lo Spirito Santo non esistesse. (13. Giugno
1821.).