24. Giugno 1821.
[1212,2] Non è ella cosa notissima, comunissima,
frequentissima, e certa per la esperienza quasi di ciascuno, che certe persone
che da principio, o vedendole a prima giunta, ci paion brutte, appoco appoco,
assuefacendoci a vederle, e scemandosi coll'assuefazione il senso de' loro
difetti esteriori, ci vengono parendo meno brutte, più sopportabili, più
piacevoli, e finalmente bene spesso anche belle, e bellissime? E poi perdendo
l'assuefazione di vederle, ci torneranno forse a parer brutte. Così dico di ogni
altro genere di oggetti sensibili o no. Molti de' quali che per una primitiva
assuefazione di vederli e trattarli ci parvero belli da principio, cioè prima di
esserci formata un'idea distinta e fissa del bello; veduti poi dopo lungo
intervallo, ci paiono brutti e bruttissimi. Che vuol dir ciò? Se esistesse un
bello assoluto, la sua idea sarebbe continua, indelebile, inalterabile, uniforme
in tutti gli uomini, nè si potrebbe o perdere o acquistare, o indebolire o
rinforzare, o minorare o accrescere,
1213 o in
qualunque modo cambiare (e cambiare in idee contrarie, come abbiamo veduto)
coll'assuefazione, dalla quale non dipenderebbe. (24. Giugno
1821.).