13. Luglio 1821.
[1313,1] Chi vuol persuadersi dell'immensa moltiplicità di
stili e quasi lingue diverse, rinchiuse nella lingua italiana, consideri le
opere di Daniello Bartoli, meglio
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del quale niuno conobbe i più riposti segreti della nostra
lingua.
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(Monti, Proposta, vol. 1 par.
1. p. XIII.)
1314 Un uomo consumato negli studi della nostra
favella, il quale per la prima volta prenda a leggere questo scrittore, resta
attonito e spaventato, e laddove stimava d'essere alla fine del cammino negli
studi sopraddetti, comincia a credere di non essere a mala pena al mezzo. Ed io
posso dire per esperienza che la lettura del Bartoli, fatta da me dopo bastevole notizia degli
scrittori italiani d'ogni sorta e d'ogni stile, fa disperare di conoscer mai
pienamente la forza, e la infinita varietà delle forme e sembianze che la lingua
italiana può assumere. Vi trovate in una lingua nuova: locuzioni e parole e
forme delle quali non avevate mai sospettato, benchè le riconosciate ora per
bellissime e italianissime: efficacia ed evidenza tale di espressione che alle
volte disgrada lo stesso Dante, e vince
non solo la facoltà di qualunque altro scrittore antico o moderno, di
qualsivoglia lingua, ma la stessa opinione delle possibili forze della favella.
E tutta questa novità non è già novità che non s'intenda, che questo non sarebbe
pregio ma vizio sommo, e non farebbe vergogna al lettore ma allo scrittore.
Tutto s'intende benissimo, e tutto è nuovo, e diverso dal consueto:
1315 ella è lingua e stile italianissimo, e pure è
tutt'altra lingua e stile: e il lettore si maraviglia d'intender bene, e
perfettamente gustare una lingua che non ha mai sentita, ovvero di parlare una
lingua, che si esprime in quel modo a lui sconosciuto, e però ben inteso. Tale è
l'immensità e la varietà della lingua italiana, facoltà che pochi osservano e
pochi sentono fra gli stessi italiani più dotti nella loro lingua; facoltà che
gli stranieri difficilmente potranno mai conoscere pienamente, e quindi
confessare. (13. Luglio 1821.).