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3. Agosto 1821.

[1438,1]  Bellissima istituzione è quella del Cristianesimo di consacrare ciascun giorno alla memoria di qualcuno de' suoi Eroi, o di qualcuno de' suoi fasti, celebrando con solennità, o universalmente quei giorni che appartengono alla memoria de' fasti più importanti alla Chiesa universale, o particolarmente quei giorni che spettano ad un Eroe la cui memoria interessa questo o quel luogo in particolare ec. ec. Dal che risultano le uniche feste popolari che questo tempo conservi. E l'influenza delle feste popolari sulle nazioni è somma, degnissima di calcolo per li politici, utilissima quando risveglia gli animi alla gloria, colla rimembranza, e la pubblica e solenne celebrazione e quasi proposizione de' grandi esempi ec.
[1438,2]  Non è però da credere che  1439 questa sì degna istituzione debba la sua origine al Cristianesimo. Nè l'epoca del Cristianesimo, epoca nella quale il mondo incominciava, si può dire, per la prima volta a sentire la mancanza della vita, la noia, il nulla, e la morte, era capace di produrre una istituzione tutta di vita, una istituzione energica, fonte di grandezza, sprone all'attività ec. Bensì è doloroso che di questa istituzione anteriore assai al Cristianesimo, che la imitò e la ricevè dal mondo antico, non resti oggi altro che le feste religiose, essendo del tutto abolite e perdute le nazionali.
[1439,1]  Giacchè le feste che si chiamano onomastiche de' principi ec. o quelle d'incoronazioni, o anniversarie di dette incoronazioni ec. ec. non sono nè popolari, nè nazionali, nè utili a nulla. Non sono materialmente popolari, perchè per lo più non si stendono fuor delle corti, o almeno fuor delle capitali, si limitano a cerimonie di etichetta, non hanno niente di vivo, di entusiastico ec. Non sono spiritualmente popolari, cioè nazionali, perchè la festa di un principe vivo, non è festa della nazione, la quale o  1440 non si cura di lui, o probabilmente l'odia o l'invidia, o lo biasima in cento mila cose; o per lo meno è del tutto indifferente sul conto suo, e quasi estranea al suo principe, o a' suoi subalterni. E quando anche il principe fosse (che oramai non è possibile) il padre e il benefattore del suo popolo, quando anche fosse amato dalla nazione com'era Enrico 4 fra' principi sovrani, o Sully fra' ministri ec.; la festa di un uomo vivo e potente, non essendo nè potendo mai essere scema d'invidia, non è festa nazionale, perchè questa richiede che tutta la nazione sia pienamente d'accordo sul soggetto della festa, e le passioni individuali siano tutte morte intorno ad esso, e il giudizio sia puro, libero, e conforme spontaneamente in tutta la nazione. E quando pur ciò si avverasse (ch'è impossibile) intorno ad un principe vivente, non è mai festa nazionale quella ch'è, se non altro, sospetta di adulazione a quegli stessi che la celebrano. Questo solo sospetto, inseparabile dagli onori resi a un potente vivo, spegne qualunque sentimento magnanimo, è incompatibile coll'entusiasmo, e con  1441 quel senso di libertà che forma la più necessaria parte di una festa nazionale, la quale deve racchiudere l'idea di premio conceduto alla virtù, al merito, ai beneficj, ma conceduto spontaneamente e gratuitamente, cioè per pura gratitudine, ammirazione, amore, senza sperar nulla da colui al quale si concede. Non sono utili, sì per le dette ragioni, le quali affogano, anzi vietano affatto l'entusiasmo, e tutta la vita che da tali istituzioni si raccoglie; sì perchè l'esempio de' regnanti o de' potenti, non è imitabile, e quindi inutile alla moltitudine. E la disuguaglianza e la distanza delle condizioni fra l'onorato, e chi l'onora, toglie ancora quell'affezione, quell'inclinazione, quella specie di amicizia, che nelle antiche feste nazionali legava il popolo co' suoi passati Eroi, ed era capace di eccitare generosamente gli animi.
[1441,1]  Le feste del popolo Ebreo furono tutte religiose. Ma presso tutti i popoli antichi, massimamente però presso gli Ebrei, la religione era strettissimamente legata colla storia  1442 della nazione. Le opinioni che gli Ebrei avevano circa la loro origine {ec.} il loro governo sempre partecipante di teocrazia, i loro costumi tanto e continuamente influiti dalla religione (come si vede anche oggi) ec. confondevano forse più che presso qualunque altro popolo (a causa forse della loro maggiore antichità) le origini e i progressi della nazione colle origini e i progressi del culto, le glorie della religione, con quelle della nazione ec. ec. Tutte le feste del Pentateuco richiamano e consacrano e perpetuano la memoria di qualche grande avvenimento degli antenati, di qualche antico benefizio di Dio verso la nazione, ec. e son tutte feste nazionali e patriotiche, appartenendo o ai fatti de' loro Eroi considerati non meno come nazionali che come santi, o alle opere di Dio, considerato da loro quasi capo della nazione, e quasi principe de' loro Eroi, guida, condottiere, maestro de' loro antenati, ed origine immediata della loro stessa razza.
[1442,1]  Non così le nostre feste religiose  1443 che sono ben popolari, ma nulla hanno di nazionale, non avendo nulla di comune, e di strettamente legato i fasti delle moderne nazioni, e le opere de' nostri antichi o moderni Eroi nazionali, coi fasti della religione, e colle opere degli Eroi Cristiani: i quali oltracciò non sono sempre nostri compatrioti, com'erano tutti quelli di cui gli Ebrei, o le altre nazioni celebravano la memoria. Anzi non appartengono bene spesso in verun modo alla nostra patria. E lascio poi la spiritualità del culto che si rende nelle feste cristiane, spiritualità ben diversa da quella degli Ebrei ed altri antichi, e del tutto incompatibile coll'entusiasmo, colle grandi illusioni, coll'infervoramento della vita, coll'attività ec. La festa della dedicazione del tempio di Salomone, aveva un soggetto più materiale delle nostre, ma però più delle altre feste Ebraiche diviso dal nazionale: effetto de' tempi, e del sistema monarchico sotto il quale fu istituita. Teneva però ancora non poco di nazionalità, stante la gran parte ch'ebbe la nazione  1444 a quella fabbrica, la solennità e nazionalità di quella dedicazione fatta da Salomone, il visitar che la nazione faceva ogni anno quel tempio, l'attaccamento generale alla religione, e l'influenza sua sulla vita e il regime del popolo; i monumenti dell'antica storia ec. che quel tempio conteneva, e l'esser tutta la Religione Giudaica quasi rinchiusa e immedesimata con quel tempio; l'affezione che il popolo gli portava, come poi si vide nella riedificazione fattane da Esdra e Neemia, quando i vecchi piangevano per la ricordanza del tempio antico ec. ec. Questo nuovo tempio era forse ancor più nazionale, per la circostanza d'essere stato fabbricato dalle stesse mani della nazione, e sotto la tutela delle armi nazionali contro i Samaritani ec. Così che la festa del tempio sì antico che nuovo, era, si può dir, la memoria di un'impresa nazionale.
[1444,1]  Delle feste religiose presso gli altri popoli antichi, come fossero legate col nazionale, p. e. quella di Minerva in Atene ec. si può facilmente vedere negli storici e negli eruditi ec. Giacchè anche le altre nazioni si attribuivano origini e fasti mitologici ec. ec. ec.
[1445,1]   1445 Delle feste nazionali {e patriotiche} de' greci e de' romani, e della loro somma influenza sull'eroismo della nazione, v. Thomas Essai sur les Eloges, ch. 6. p. 65-66. ch. 12. p. 149. ch. 10. p. 117. il Meursio e gli altri che hanno scritto de Festis Graecorum o Romanorum.
[1445,2]  I trionfi presso i Romani erano vere feste nazionali, benchè non anniversarie. Nè faceva alcun danno che forse la principal parte dell'onore di quella festa fosse renduto a un uomo vivo. 1. Non era egli che se lo decretava, nè una truppa di servi e di adulatori che glielo concedeva, ma il senato ec. uguale a lui ec. 2. Per quanto egli fosse potente, non era mai più potente del popolo, {che celebrava la festa;} anzi era in istato di tornare un giorno o l'altro come qualunque privato. 3. L'esempio suo non era inimitabile ai romani, a' quali tutti era aperta la carriera degli offici pubblici. 4. Bench'egli facesse la principal figura, la festa era però nazionale, perchè concerneva le vittorie riportate dalla stessa nazione sopra i nemici suoi propri, e non {{quelli}} del Generale. 5. Il Generale era un  1446 vero rappresentante della nazione, perch'eletto da essa ec. e non rappresentante del principe, o rappresentante, come dicono, di Dio. 6. Questo era in somma un premio che la nazione libera e padrona concedeva spontaneamente a un suo suddito, e quindi l'effetto di dette feste, era quello dei grandi premi che eccitano alla emulazione, ed animano col desiderio e la speranza di conseguirli. Ma le feste di un principe vivo, quando anche fossero decretate dalla nazione, sarebbero decretate dalla nazione suddita al suo padrone, il che avvilisce l'idea del premio, massime sapendo bene che il principe poco si cura di questa ricompensa de' suoi servi; nè può destar l'emulazione, e animare colla speranza, sapendosi che molto maggiori meriti non potrebbero conseguir quell'onore ec. che si concede al principe solo, o a qualcuno da lui scelto, e sua creatura, e il cui merito per esser così onorato, dipende dalla sua volontà ec. ec.
[1446,1]  Simili considerazioni si possono fare intorno ai giuochi atletici dei greci, e agli onori che si rendevano ai vincitori, ancorchè  1447 viventi ec.
[1447,1]  Di tali feste nazionali o patriotiche, il mondo civile non ne vede più veruna, di nessunissimo genere, se non talvolta qualche Te Deum ed altre cerimonie per una vittoria del principe: sorta di feste che essendo parimente del principe, e poco stendendosi al popolo ec. non meritano di chiamarsi nazionali, quando anche quella vittoria sia veramente utile alla nazione; e non producono quindi mai veruna emulazione, e verun buono effetto, fuorchè una vana allegrezza, giacchè il popolo non vi prende parte {(quando pur ve la prenda)} se non come invitato; cioè la stessa parte ch'egli ebbe nell'impresa, e che potrà avere nel frutto di questa, se al principe piacerà.
[1447,2]  Restano dunque per sole feste popolari, le feste religiose, affatto divise fra noi dal nazionale, ed oltracciò poco oramai popolari, perchè, eccetto alcune, le più si restringono ai solo[soli] tempj, massime nelle grandi città, dove i passatempi sono quotidiani e sufficienti per se soli ad occupare.
[1447,3]  Pur questa delle feste religiose  1448 è una bellissima istituzione, come ho detto, ma derivata da' costumi antichi, e da usanze, come ho dimostrato, ben anteriori al Cristianesimo, fra le quali bisogna notare, come più strettamente analoga alle nostre feste, l'usanza de' settari de' diversi filosofi di celebrare ogni anno {con conviti ec.} la festa genetliaca dell'ὰρχηγὸς della loro setta. V. Porfirio, Vit. Plotini, c. 15. e quivi le mie note. Si sa che i Cristiani antichi nelle feste de' loro Eroi ec. si univano pure a banchettare. ec. Del resto le feste genetliache sì de' privati ancor viventi, sì, credo, degl'imperatori ec. o morti o vivi ec. erano assai comuni presso gli antichi, e lo sono anche oggi, ma son fuori del nostro soggetto. (3. Agos. 1821.). {{V. p. 1605. capoverso 2.}}