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4. Luglio 1820.

[150,2]  Quel che ho detto qui sopra non è l'ultima delle cagioni per cui il {fervore del} Cristianesimo s'indebolì colla dilatazione di essa religione, di quella religione istessa, che (senza però condannare l'amor della patria, dimostrato dallo stesso Cristo piangente sopra Gerusalemme) tuttavia ha per uno de' fondamenti l'amore universale verso tutti gli uomini. E contuttociò fintanto ch'ella fu come una setta, il zelo e l'ardore per sostenerla fu infinito ne' suoi seguaci. Quando divenne cosa comune, non fu più riguardato come proprio quello ch'era di tutti, e lo spirito di corpo essendosi dileguato {per la sua grandezza,} l'individuo non ci trovò più {la} soddisfazione sua particolare, e il Cristianesimo illanguidì.
[150,3]  Aggiungete che lo spirito di corpo ci porta a proccurare i vantaggi di esso corpo, e a compiacerci di quelli che ha, perchè l'individuo {che gli appartiene resta con ciò distinto e superiore agli altri che non gli appartengono.} L'amor di patria, l'amor di setta, di fazione ec. vedete che è tutto fondato sopra l'ambizione, più o meno nascosta. Per gli spiriti piccoli non  151 è fatto l'amore della nazione, perchè non arrivano a desiderare nè a compiacersi di sovrastare a persone così lontane e fuori della loro portata come sono i forestieri. L'amor poi universale, manca affatto di questo fondamento dell'ambizione, che è la gran molla che renda operoso l'amor di corpo, e perciò resta naturalmente inefficace in quasi tutti, non essendoci speranza di distinguersi {dagli altri} col mezzo dei vantaggi del suo corpo. E così spento quell'amore ch'è utile per le ragioni sopraddette, quest'altro non gli subentra, e se anche gli subentra resta inutile, non movendo efficacemente l'uomo a nessuna intrapresa. (4. Luglio 1820.).