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20. Sett. 1821.

[1753,1]  Alla p. 1743. marg. Infatti è cosa giornalmente osservabile e osservata, che l'uomo di vero talento, applicato a cose per lui nuovissime, aliene ancora dalle sue inclinazioni, occupazioni ordinarie, assuefazioni ec. riesce sempre meglio degli altri; capisce i discorsi appartenenti alle professioni, discipline, cognizioni, ec. le più lontane dalla sua; entra in tutti i raziocinii ben fatti; si capacita senza molta fatica di qualunque affermazione o negazione vera, sufficientemente spiegata, di qualunque probabilità, o parere opportuno; discuopre facilmente le convenienze,  1754 i rapporti ec. o i loro contrarii, nelle cose a lui meno familiari ec. ec. Insomma il carattere di un vero talento, in qualunque genere esso si distingua, (o quantunque non si distingua in nessun genere) è sempre quello di una capacità generale di mente. Siccome quegli organi esteriori o materiali (come la mano ec.) che posseggono in grado eminente qualche abilità, sono per lo più capacissime[capacissimi] di facilmente contrarne delle altre, ancorchè diversissime. Così la persona svelta ec. ec. (20. Sett. 1821.). {{V. p. 1778. fine.}}