26. Sett. 1821.
[1796,1] Sul proposito che una lingua nuova non s'impara se
non per mezzo della propria, osservate che noi siamo soliti a misurare la
regolarità o irregolarità di una lingua, tanto in genere, quanto in ordine a
ciascuna costruzione, frase ec. dalla conformità ch'essa lingua ha colla lingua
nostra e sue frasi ec. Onde ci sembra regolare, non ciò che lo è per natura, e
ragione analitica, ma ciò che corrisponde esattamente alla maniera della nostra
lingua,
1797 ed a quell'ordine di espressioni e d'idee
e di segni, al quale siamo abituati. E così proporzionatamente fino
all'irregolarità, la quale benchè sia regolarissima, ci pare generalmente
irregolare quando discorda dall'ordine abituale della nostra loquela. Applicate
queste osservazioni 1. al proposito dei francesi incapaci di ben conoscere
un'altra lingua, e giudicarla; e degl'italiani, capacissimi, perchè la loro
lingua si presta quanto è possibile fra le moderne, ad ogni maniera di
favellare, 2. alla debolezza e moltiplicità della ragione umana, alla mancanza
di tipo {universale} per lei, all'influenza che su di
essa esercita l'assuefazione.
[1797,1] Quindi è che p. e. agl'italiani dee parer la lingua
più regolare del mondo, la spagnuola: ai moderni, e massime ai francesi, dee
parere irregolarissima e figuratissima ogni lingua antica, e massime la latina.
Agli antichi (e proporzionatamente agl'italiani) non pareva certo così. ec. ec.
ec.
1798
(26. Sett. 1821.).