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26. Luglio 1820.

[186,1]   186 La ragione che reca Montesquieu (Essai sur le gout. Des plaisirs de la symétrie) perchè l'anima amando la varietà, tuttavia dans la plupart des choses elle aime à voir une espece de symétrie, * il che sembra che renferme quelque contradiction, * non mi capacita. Une des principales causes des plaisirs de notre ame, lorsqu'elle voit des objets, c'est la facilité qu'elle a à les appercevoir; et la raison qui fait que la symétrie plaît à l'ame, c'est qu'elle lui épargne de la peine, qu'elle la soulage, et qu'elle coupe, pour ainsi dire, l'ouvrage par la moitié. De-là suit une régle générale: par-tout où la symétrie est utile à l'ame et peut aider ses fonctions, elle lui est agréable; mais, par-tout où elle est inutile, elle est fade, parce qu'elle ôte la variété. Or les choses que nous voyons successivement doivent avoir de la variété; car notre ame n'a aucune difficulté à les voir: celles, au contraire, que nous appercevons d'un coup d'oeil doivent avoir de la symétrie. Ainsi, comme nous appercevons d'un coup d'oeil la façade d'un bâtiment, un parterre, un temple, on y met de la symétrie, qui plaît à l'ame par la facilité qu'elle lui donne d'embrasser d'abord tout l'objet. * Ora io domando perchè noi vedendo una campagna, un paesaggio dipinto o reale ec. d'un colpo d'occhio come un parterre, e gli oggetti di quella e di questa vista, essendo i medesimi, noi vogliamo in quella la varietà, e in questa la simmetria. E perchè ne' giardini inglesi parimente la varietà ci piaccia  187 in luogo della simmetria. La ragion vera è questa. I detti piaceri, e gran parte di quelli che derivano dalla vista, e tutti quelli che derivano dalla simmetria, appartengono al bello. Il bello dipende dalla convenienza. La simmetria non è tutt'uno colla convenienza ma solamente una parte o specie di essa, dipendente essa pure dalle opinioni gusti ec. che determinano l'idea delle proporzioni, corrispondenze, ec. La convenienza {relativa} dipende dalle stesse opinioni gusti, ec. Così che dove il nostro gusto indipendentemente da nessuna cagione innata e generale, giudica conveniente la simmetria, quivi la richiede, dove no non la richiede, e se giudica conveniente la varietà, richiede la varietà. E questo è tanto vero, che quantunque si dica comunemente che la varietà è il primo pregio di una prospettiva campestre, contuttociò essendo relativo anche questo gusto, si troveranno di quelli che anche nella {prospettiva campestre} amino una certa simmetria, come i toscani che sono avvezzi a veder nella campagna tanti giardini. E così noi per l'assuefazione amiamo la regolarità dei vigneti, filari d'alberi, piantagioni {solchi ec.} ec. e ci dorremmo della regolarità di una catena di montagne ec. Che ha che far qui l'utile o l'inutile? perchè quando sì, quando no negli oggetti della stessa natura? perchè in queste persone sì, in quelle no? Di più quegli stessi alberi che ci piacciono collocati regolarmente in una piantagione, ci piaceranno ancora collocati senz'ordine in una selva, boschetto ec. La simmetria e la varietà, gli effetti dell'arte e quelli della natura, sono due generi di bellezze. Tutti  188 due ci piacciono, ma purchè non sieno fuor di luogo. Perciò l'irregolarità in un'opera dell'arte ci choque ordinariamente (eccetto quando sia pura imitazione della natura, come ne' giardini inglesi) perchè quivi si aspetta il contrario; e la regolarità ci dispiace in quelle cose che si vorrebbero naturali, non parendo ch'ella convenga alla natura, quando però non ci siamo assuefatti come i toscani.
[188,1]  Notate che ne' pazzi i più malinconici e disperati, è naturalissimo e frequente un riso stupido e vuoto, che non viene da più lontano che dalle labbra. Vi prenderanno per la mano con guardatura profondissima, e nel lasciarvi vi diranno addio con un sorriso che parrà più disperato e più pazzo della stessa disperazione e pazzia. Cosa però notabilissima anche nei savi ridotti alla intiera disperazione della vita, e massimamente dopo concepita una risoluzione estrema, che li fa riposare appunto in questa estremità d'orrore, e li placa, come già sicuri della vendetta sopra la fortuna e se stessi. (26. Luglio 1820.).