31. Luglio 1820.
[193,1] Gran magistero della natura fu quello d'interrompere,
{per modo di dire,} la vita col sonno. Questa
interruzione è quasi una rinnovazione, e il risvegliarsi come un rinascimento.
Infatti anche la giornata ha la sua gioventù ec. v. p. 151. Oltre alla gran varietà che nasce da questi
continui interrompimenti, che fanno di una vita sola come tante vite. E lo
staccare una giornata dall'altra è un sommo rimedio contro la monotonia
dell'esistenza. Nè questa si poteva diversificare e variare maggiormente, che
componendola in
194 gran parte quasi del suo contrario,
cioè di una specie di morte.
[194,1] Il ritrovare e procacciare la felicità destinata dalla
natura all'uomo, non è più opera del privato {neanche per se
solo.} Non in società, perchè ognuno vede come ci si vive, e il
privato non può migliorare le nostre istituzioni. Non nella vita domestica
solitaria e primitiva, perchè i piaceri suoi non possono più cadere in persone
disingannate ed esaurite nella immaginazione. Il dare al mondo distrazioni vive,
occupazioni grandi, movimento, vita; il rinnuovare le illusioni perdute ec. ec.
e opera solo de' potenti.
[194,2] La politica non deve considerar solamente la ragione,
ma la natura, dico la natura vera e non artefatta nè alterata. Il codice de'
Cristiani in quante cose si scosta dalla fredda ragione per accostarsi alla
natura! Esempio poco o nulla imitato dai legislatori moderni.
[194,3] Oltre che il virtuoso è per l'ordinario sconosciuto
{e non voluto conoscere e confessare} dalla
moltitudine che è formata dai tristi, tale è la misera condizione dell'uomo in
società, e dell'intrigo delle circostanze, ch'egli è sovente sconosciuto e
pigliato per tutt'altro, anche dagli altri pochissimi virtuosi. Io mi sono
abbattuto a dovere stimare ed amare due persone di rettissimo cuore, che per
alcuni incontri datisi tra loro, si stimavano scambievolmente con intima
persuasione, pessimi di carattere e di cuore. Tant'è, noi giudichiamo {del carattere} degli uomini dal modo nel quale si sono
portati verso noi o perchè credessero di dovere, e anche dovessero portarsi
così, o arbitrariamente, o per forza di congiunture, o anche per colpa. E il
195 più scellerato del mondo, se non ci avrà nociuto, e
per qualunque motivo, avrà avuto occasione di beneficarci, anche semplicemente
di trattarci bene, di mostrarcisi affabile manieroso rispettoso ec. basterà
questo perch'egli nell'animo nostro abbia un posto non cattivo, ed anche di uomo
onesto. E quando anche l'intelletto ripugni, il cuore e la fantasia ne terranno
sempre questo concetto. Questa dovrebb'essere regola generale per qualunque
senta dir bene o male di chicchessia. Se quegli che parla, parla per altrui
relazione, o se parla di mala fede può avere altri motivi. Ma tolti questi due
casi, ordinariamente nella vita privata, tu devi supporre che quegli che ti
parla ha ricevuto bene o male da quella {tal} persona,
e da tutto il suo discorso non credere di restare informato se non di questo.
(31. Luglio 1820.).