6. Nov. - 7. Nov. 1821.
[2057,1] La poca libertà {+e la somma determinazione e precisazione del carattere e
della forma} della lingua latina che può parere strana 1. in una
lingua antica, 2. in una lingua parlata {e scritta} da
tanta moltitudine e diversità di gente e di nazioni, 3. in una lingua d'un
popolo liberissimo, e formata e ridotta a letteratura, nel tempo che la sua
libertà era anzi sì eccessiva da degenerare in anarchia, oltre le cagioni dette
altrove [pp. 2014-15], ebbe certo fra le principali la
seguente.
[2057,2] La lingua latina, riconosciuta per buona, legittima,
e propria della letteratura, non fu mai, sinch'ella si mantenne nella sua
primitiva forma, e quando ella fu applicata alla
2058
letteratura, altro che la romana, cioè quella di una sola città. Or quando
l'arbitra della lingua è una sola città, per vasta, popolosa, e abitata {o frequentata} ch'ella sia da diversissime qualità di
popolo, e di nazioni, la lingua prende sempre una indole determinata,
circoscritta, ristretta a limiti più o meno estesi, ma che sempre son limiti
certi e riconosciuti; la lingua si uniforma, si equilibra, per tutti i versi, e
perde necessariamente quel carattere di notabile e decisa libertà ch'è proprio
delle lingue antiche formate o no, e di tutte le lingue non ancora o non bene
formate. La formazione di una lingua e di una letteratura, in tal circostanza,
introduce sempre in esse una grande uniformità; siccome accade in Francia, dove
Parigi,
ch'è pur il centro di tutta la vasta nazione, e sì frequentata da forestieri
d'ogni parte d'europa, essendo però l'arbitra siccome de' costumi, così della lingua
e della letteratura nazionale, le dà quella uniformità
2059 medesima, quella circoscrizione, quella limitazione, quella
servitù che dà allo {{spirito, e a}} tutte le altre
parti della società, e che nè queste nè quelle sicuramente avrebbero mai avute,
senza la somma influenza di una vasta capitale sull'intera nazione. {{V. p.
2120.}}
[2059,1] In Roma il frequente e
giornaliero uso pubblico, e perciò colto, della lingua latina o romana, nel
senato, nelle concioni, nelle cose forensi, e la infinita e vivissima e
strettissima società ch'esisteva in quella città, massime pubblica, ma,
specialmente negli ultimi tempi della repubblica, anche privata, doveva
necessariamente esercitare, ed esercitava un'estrema e decisissima influenza
sulla lingua, e sulla letteratura. Ora dovunque la società e la lingua parlata
esercita una forte e irresistibile influenza sulla lingua scritta, e sulla
letteratura, (come accade in Francia) quivi l'una e
l'altra indispensabilmente acquistano un carattere di stretta uniformità,
2060 e quindi di coartazione, di necessità, di poca
libertà, un carattere intollerante di novità individuali, e di decisa
originalità.
[2060,1] La lingua greca {a' suoi buoni
tempi} fu anch'ella molto usata nel foro, nelle concioni, ne' consigli
degli ottimati, ma oltrechè le circostanze de' tempi, e lo spirito, era ben
diverso da quello de' tempi moderni, e di quei medesimi in cui fu formata la
latina, e perciò le stesse cagioni non producevano allora gli stessi effetti; la
lingua greca dovea necessariamente anche rispetto a questi usi esser tanto
varia, quanto moltiplici erano le repubbliche in cui la grecia era divisa, e
moltiplici le patrie degli oratori. La grecia era composta come
di moltissimi reggimenti, {+(giacchè ogni
città era una repubblica)} così di moltissime lingue, e l'uso {pubblico} di queste non poteva nuocere alla varietà nè
introdurre l'uniformità e la schiavitù, essendo esso stesso necessariamente
vario, e non potendo essere uniforme. La grecia non aveva una
capitale. Non aveva neppure
2061 molto stretto uso di
società, se non in Atene. E in Atene
infatti per quel tal uso che v'era di polita società, per innalzarsi quella
città sopra le altre in materia di gusto, di coltura, di arti, ec. la lingua
greca fu più formata, più stabilita, meno libera che altrove, nonostante la
diversità de' forestieri che accorrevano a quella città, la sua situazione
marittima, il suo commercio, la sua ϑαλασσοκρατία. E quando i gramatici
cominciarono a ridurre ad arte la lingua greca, e quando nella lingua greca si
cominciò a sentire il non si può, e gli
scrupoli ec. tutto questo fu in relazione alla lingua attica. Ma i diversi
dialetti greci, tutti riconosciuti per legittimi, dopo essere stati adoperati o
interamente o in parte da grandi scrittori; lo stesso costume della lingua
attica notato da Senofonte; il
carattere sostanziale finalmente
2062 della lingua
greca, già da tanto tempo formata ed anteriore assai alla superiorità di Atene,
preservarono la lingua greca dalla servitù. Ed in quanto la lingua attica
prevalse, in quanto i filologi incominciarono a notare e a condannare negli
scritti contemporanei quello che non era attico, in tanto la lingua greca
perdette senza fallo della sua libertà. Ma ciò fu fatto assai lassamente, e
mancò ben assai perchè i più caldi fautori dell'atticismo, {o
gli stessi ateniesi (che si servivano volentierissimo delle parole ec.
forestiere, quando avevano bisogno, e anche senza ciò)} arrivassero
alla superstizione, o alla {minuta} tirannia de' nostri
fautori del toscanismo. {+(Bisogna
notare che il purismo era
appunto allora nascente nel mondo per la prima volta)}
[2062,1] Le discussioni parlamentarie, se hanno bastato in
Inghilterra a dare alla lingua quelque
chose d'expressif
*
(les débats parlementaires et l'énergie naturelle à
la nation ont donnè à l'anglais quelque chose d'expressif qui supplée à
la prosodie de la langue.
*
Staël. Allemagne. t. 1. 2.de part. ch. 9. p.
2063 246.) non hanno potuto bastare a toglier la libertà
alla lingua {{e letteratura}} di un popolo libero per
genio naturale, e che non ha punto di società, anzi non par fatto per lei, nè
per parlare, ma per tacere; e dove la società non ha veruna influenza sulla
letteratura, e poca sullo spirito pubblico, costumi ec. {{V. p.
2106.}}
[2063,1] La circostanza dell'Italia e della Germania è
appunto quella della grecia in questo
particolare (eccetto solamente che i nostri vernacoli non sono stati
parzialmente adoperati da buoni scrittori, come quelli delle {{provincie o città}} greche). La Germania ne profitta per
la libertà della sua lingua. Noi non potremo, se prevarranno coloro che ci
vogliono ristringere al toscano, anzi al fiorentino. Cosa ridicola che in un
paese privo affatto di unità, e dove nessuna città, nessuna provincia sovrasta
all'altra, si voglia introdurre questa tirannia
2064
nella lingua, la quale essenzialmente non può sussistere senza una simile
uniformità di costumi ec. nella nazione, e senza la tirannia della società, di
cui l'italia
manca affatto. E che Firenze che non è stata
mai il centro dell'italia (e che ora è inferiore a molte altre città negli studi,
scrittori ec. e fino nella cognizione della colta favella) debba esserlo della
lingua, e della letteratura. E che si voglia imporre ad un paese privo non solo
di vasta capitale, non solo di capitale qualunque, e quindi di società una e
conforme, e d'ogni norma e modello di essa, ma privo affatto di società, una
soggezione (in fatto di lingua ch'è l'immagine d'ogni cosa umana) più scrupolosa
di quella stessa che una vastissima capitale, un deciso centro {ed immagine e modello e tipo} di tutta la nazione, ed
una strettissima e uniformissima società, impone alla lingua e letteratura
francese. (6. Nov. 1821.). Certo se v'è nazione in europa
2065 colla cui costituzione politica e morale e sociale
convenga meno una tal soggezione in fatto di lingua (e la lingua dipende in
tutto dalle condizioni sociali ec.), ell'è appunto l'Italia, che pur troppo, a
differenza della Germania, non è neppure una nazione, nè una patria. (7. Nov.
1821.).