8. Gen. 1822.
[2337,2] Volete veder come sia naturale lo stato presente
dell'uomo? Anche quello dell'agricoltore che pur conserva, tanto più che gli
altri, della natura? L'uomo presente, e già da gran tempo, vuol latte vuol biade
per cibarsi, vino per dissetarsi, lana per vestirsi, vuole uova ec. ec. Ecco
seminagioni, vigne, pecore, capre, galline, buoi per arare ec. vacche per
partorirli, e per latte ec. Ma il capro nuoce anzi distrugge la vigna; così
fanno i buoi ed alla vigna e ad ogni albero da frutto se vi si lasciano
appressare; le greggi, e gli armenti, e il
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ec. sterminerebbero i seminati se non si avesse infinita cura d'impedirlo; il
pollame nuoce alle stalle delle greggi, e degli armenti; i danni del porco
sarebbero infiniti ai campi e al bestiame, se non vi si avesse l'occhio ec. ec.
Insomma i bisogni che l'uomo si è fabbricati, anche i più semplici, rurali, ed
universali, e propri anche della gente più volgare e men guasta, si
contraddicono, si nocciono scambievolmente; e la cura dell'uomo non dev'esser
solo di procacciare il necessario a questi bisogni con infiniti ostacoli, ma nel
provvedere all'uno, guardare assai, perchè quella provvisione nuoce ad un altro
bisogno ec. E pure è certo che più facilmente potremo annoverar le arene del
mare di quello che trovare una sola contraddizione in qualunque di quelle cose
che la natura ha veramente e manifestamente resa necessaria, o destinata all'uso
sì dell'uomo, come di qualunque animale, vegetabile ec. (8. Gen.
1822.). {{V. p.
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