19. Marzo dì di S. Giuseppe. 1822.
[2395,2] Nelle scritture de' moderni puristi italiani (p. e.
del Botta) per lo più si vede
chiaramente un moderno che scrive all'antica, e quindi non ha la grazia dello
scrivere antico, non avendone lo spontaneo. Una delle due, o s'ha da parere un
2396 antico che scriva all'antica, vale a dire che
questo scrivere paia naturale dello scrittore, e venuto da se; o s'ha da essere
un moderno che scriva alla moderna: e volendo parere un moderno, non si dee
volere scrivere altrimenti, se si vuol fuggire il contrasto ridicolo e
l'affettazione; e molto meno volendo scriver cose moderne, e pensieri di
andamento moderno (cioè insomma propri dello scrittore, che mentre vive non sarà
mai antico): le quali cose e i quali pensieri, da che mondo è mondo, in
qualsivoglia nazione non si sono scritti nè potuti scrivere in altra lingua che
moderna (perchè questa sola è loro connaturale, e perciò sola dà il modo di bene
e pienamente esprimerli), e non altrimenti che alla moderna. (19. Marzo dì
di S. Giuseppe. 1822.)
{Quando mai, se si potesse, dovressimo,
quanto allo stile, parere antichi che pensassero alla moderna. Laddove nei
nostri accade tutto il contrario.}