7. Maggio 1822.
[2425,2]
Alla p. 2419.
Come può esser bella una lingua che non ha proprietà? Non ha proprietà
quella lingua che nelle sue forme, ne' suoi modi, nelle sue facoltà non si
distingue dalle forme, modi, facoltà della grammatica generale, e del discorso
umano regolato dalla dialettica. Una lingua regolata da questa sola
2426 non ha niente di proprio; tutto il suo è comune a
tutte le nazioni parlanti, e a tutte le altre lingue; il suo spirito, la sua
indole, il suo genio non è suo, ma universale; vale a dire ch'ella non ha veruna
originalità, e quindi non può esser bella, cioè non può esser nè forte, nè
distintamente nobile, nè espressiva, nè varia (quanto alle forme), nè adattata
all'immaginazione, perchè questa è diversissima e moltiplice, e nel tempo stesso
ella è la sola facoltà umana capace del bello, e produttrice del bello. Ora che
cosa vuol dire una lingua che abbia proprietà? Non altro, se non una lingua
ardita, cioè capace di scostarsi nelle forme, nei modi ec. dall'ordine e dalla
ragion dialettica del discorso, giacchè dentro i limiti di quest'ordine e di
questa ragione, nulla è proprio di nessuna lingua in particolare, ma tutto è
comune di tutte. (parlo in quanto alle forme, facoltà ec. e non in quanto alle
nude parole, o alle inflessioni delle medesime, isolatamente considerate.)
Dunque se non è, nè può esser bella la forma di una lingua che non ha proprietà,
non è nè può esser
2427 bella una lingua che nella
forma sia tutta o quasi tutta matematica, e conforme alla grammatica universale.
E così di nuovo si viene a concludere che la bellezza delle forme di una lingua
(tanto delle forme in genere, quanto di ciascuna in particolare) non può non
trovarsi in opposizione colla grammatica generale, nè esser altro che una
maggiore o minor violazione delle sue leggi.
[2427,1] La lingua francese si trova nel caso detto di sopra:
poich'ella in quanto alla forma, esattamente parlando, non ha proprietà, vale a
dir che non ha qualità sua propria, ma tutte le ha comuni con tutte le lingue, e
colla ragione universale della favella. Il che quanto noccia alla originalità,
anzi l'escluda, e quanto per conseguenza favorisca la mediocrità, anzi la
richieda e la sforzi, resta chiaro per se stesso. (Bossuet, scrittore non mediocre, ebbe bisogno di
domare, come gli stessi francesi dicono, la sua lingua; e come dico io, fu
domato e forzato alla mediocrità dello stile, dalla sua lingua. E così lo sono
tutti {quegli} scrittori francesi
2428 che hanno sortito un ingegno naturalmente superiore al mediocre.
Nè più nè meno di quello che la società, e lo spirito della nazion francese,
sforzi alla mediocrità in ogni genere di cose gli uomini i più elevati della
nazione, e gli spiriti più superiori all'ordinario. Essendo la mediocrità non
solo un pregio, ma una legge in quella nazione, dove il {supremo} dovere dell'uomo civile, è quello d'esser come gli
altri).
[2428,1] Dalle dette considerazioni segue che la lingua
francese, non avendo nessuna o quasi nessuna proprietà, e quindi ripugnando alla
vera e decisa originalità dello stile (ben diversa da quelle minime differenze
dell'ordinario, che i francesi esaltano come somme originalità), non può aver
lingua poetica; e così è nel fatto.
[2428,2] Segue ancora, che, non avendo niente di proprio, ma
tutto comune a tutte le lingue, e tutto proprio del discorso umano in quanto
discorso umano, dev'essere accomodata sopra tutte alla universalità: e così è
realmente. (7. Maggio 1822.).