30. Maggio 1822.
[2453,1]
2453 Se l'uomo sia nato per pensare o per operare, e se
sia vero che il miglior uso della vita, come dicono alcuni, sia l'attendere alla
filosofia ed alle lettere (quasi che queste potessero avere altro oggetto e
materia che le cose e la vita umana, e il regolamento della medesima, e quasi
che il mezzo fosse da preferirsi al fine), {+{+} Il fine della letteratura è
principalmente il regolar la vita dei non letterati; è insomma l'utilità
loro, ed essi se n'hanno a servire. Ora io non ho mai saputo che la
condizione di chi è servito, fosse peggiore e inferiore che non è quella di
chi serve.} osservatelo anche da questo. Nessun uomo fu nè sarà mai
grande nella filosofia o nelle lettere, il quale non fosse nato per operare più,
e più gran cose degli altri; non avesse in se maggior vita e maggior bisogno di
vita che non ne hanno gli uomini ordinarii; e per natura ed inclinazione sua primitiva, non fosse più disposto
all'azione e all'energia dell'esistenza, che gli altri non sogliono essere. La Staël lo dice dell'Alfieri (Corinne, t. 1. liv.
dern.), anzi dice ch'egli non era nato per iscrivere, ma per fare, se
la natura de' tempi suoi (e nostri) glielo avesse permesso. E perciò appunto
egli fu vero scrittore, a differenza di quasi tutti i letterati o studiosi
italiani del suo e del nostro tempo. Fra' quali siccome nessuno o quasi nessuno
è nato per fare (altro che fagiolate), perciò nessuno o quasi nessuno è
2454 vero filosofo, nè letterato che vaglia un soldo.
Al contrario degli stranieri, massime degl'inglesi e francesi, i quali (per la
natura de' loro governi e condizioni nazionali) fanno, e sono nati per fare più
degli altri. E quanto più fanno, o sono naturalmente disposti a fare, tanto
meglio e più altamente e straordinariamente pensano e scrivono. (30.
Maggio 1822.).