4. Giugno. 1822.
[2456,1] La religion Cristiana fra tutte le antiche e le
moderne è la sola che o implicitamente o esplicitamente, ma certo per essenza,
{istituto,} carattere e spirito suo, faccia
considerare e consideri come male quello che naturalmente è, fu, e sarà sempre
bene (anche negli animali), e sempre male il suo contrario; come la bellezza,
{la giovanezza,} la ricchezza, ec. e fino la stessa
felicità e prosperità a cui sospirano e sospireranno eternamente e
necessariamente tutti gli esseri viventi. E li considera come male
effettivamente, perciocchè non si può negare che queste tali cose non sieno
molto pericolose all'anima, e che le loro contrarie (come la bruttezza ec.) non
liberino da infinite occasioni di peccare. E perciò quelli che fanno professione
di devoti chiamano fortunati i brutti ec. e considerano la bruttezza ec. come un
bene dell'uomo, {una fortuna della società,} e come una
condizione, una qualità, una
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desiderabilissima in questa vita. Similmente dico della prosperità, la quale
rende naturalmente superbi, confidenti in se stessi e nelle cose, e quindi
distratti e poco adattati all'abito di riflettere (ch'è necessarissimo alla cura
della salute eterna), e dà molto attaccamento alle cose di questa terra. E
quindi l'opinione che le disgrazie (o come le chiamano, le croci), sieno favori
di Dio, e segni della benevolenza divina: opinione stranissima e affatto nuova;
inaudita in tutta l'antichità e presso tutte le altre religioni moderne (tutte
le quali considerano {anzi} il fortunato {solo,} come favorito di Dio, onde fra gli antichi beato, μακάριος {ὄλβιος} ec.
era un titolo di rispetto e di lode, e tanto a dire come sanctus, o come vir iustus etc.
{L'etimologia di εὐδαίμων è favorito dagli Dei, o che ha
buon Dio cioè favorevole. Al contrario
δυσδαίμων, infelice, che ha mali Dei. v. p. 2463.}
V. i Lessici: e nella stessa religion cristiana da
principio si chiamavano beati, anche vivendo, gli
uomini più distinti o per virtù o per dignità, come oggi si chiama Beatitudine il Papa); inaudita presso qualunque popolo
non civile; e finalmente tale ch'io non so se verun'altra opinione possa esser
più dirittamente contraria alla natura universale delle cose, e a tutto l'ordine
dell'
2458 esistenza sensibile. (4. Giugno.
1822.).
