18. 7.bre 1820.
[245,2] La lirica si può chiamare la cima il colmo la sommità
della poesia, la quale è la sommità del discorso umano. Però i francesi che sono
rimasti molte miglia indietro del sublime nell'epica, molto meno possono mai
sperare una vera lirica, alla quale si richiede un sublime d'un genere tanto più
alto. Il Say nei Cenni sugli uomini e la società, chiama
l'ode, la sonata della
letteratura
*
. È un pazzo se stima che l'ode non possa esser
altro, ma ha gran ragione e intende parlare delle odi che esistono, massime
delle francesi.
[246,1]
246 I francesi non solamente non sono atti al sublime,
nè avvezzi a sentirlo dai loro nazionali, o a produrlo in qualunque forma
(applicate questa osservazione ch'è anche letteralmente di Lady Morgan, e universale, ai miei pensieri sopra
Bossuet
pp.
217-18) ma disublimano ancora le cose veramente sublimi, come nelle
traduzioni ec.
[246,2] Dalla teoria del
piacere esposta in questi pensieri pp.165-83 si comprende facilmente quanto e perchè la
matematica sia contraria al piacere, e siccome la matematica, così tutte le cose
che le rassomigliano o appartengono, esattezza, secchezza, precisione,
definizione, circoscrizione, sia che appartengano al carattere e allo spirito
dell'individuo, sia a qualunque cosa corporale o spirituale. Perchè
[246,3] Tant'è. Le cose per se stesse non sono piccole. Il
mondo non è una piccola cosa, anzi vastissima e massimamente rispetto all'uomo.
Anche l'organizzazione de' più minuti e invisibili animaluzzi è una gran cosa.
La varietà della natura solamente in questa terra è infinita; che diremo poi
degli altri infiniti mondi? Sicchè per una parte si può dire che non la
grandezza delle cose, ma anzi la loro nullità così evidente e sensibile
all'uomo, è una pura illusione. Ma basta che l'uomo abbia veduto la misura di
una cosa ancorchè smisurata, basta che sia giunto a conoscerne
247 le parti, o a congetturarle secondo le regole della ragione;
quella cosa immediatamente gli par piccolissima, gli diviene insufficiente, ed
egli ne rimane scontentissimo. Quando il Petrarca poteva dire degli
antipodi, e che 'l dì nostro vola A
gente che di là forse l'aspetta
*
,
quel forse bastava per lasciarci concepir quella gente
e quei paesi come cosa immensa, e dilettosissima all'immaginazione. Trovati che
si sono, certamente non sono impiccoliti, nè quei paesi son piccola cosa, ma
appena gli antipodi si son veduti sul mappamondo, è sparita ogni grandezza ogni
bellezza ogni prestigio dell'idea che se ne aveva. Perciò la matematica la quale
misura quando il piacer nostro non vuol misura, definisce e circoscrive quando
il piacer nostro non vuol confini (sieno pure vastissimi, anzi sia pur vinta l'immaginazione dalla
verità), analizza, quando il piacer nostro non vuole analisi nè
cognizione intima ed esatta della cosa piacevole (quando anche questa cognizione non riveli nessun difetto
nella cosa, anzi ce la faccia giudicare più perfetta di quello che
credevamo, come accade nell'esame delle opere di genio, che scoprendo
248
tutte le bellezze, le fa sparire), la
matematica, dico, dev'esser necessariamente l'opposto del piacere. (18.
7.bre 1820.).