4. Marzo 1823.
[2677,1]
{Puoi vedere p.
3791.} Tutti gl'imperi, tutte le nazioni ch'hanno
ottenuto dominio sulle altre, da principio hanno combattuto con quelli di fuori,
co' vicini, co' nemici: poi liberati dal timore esterno, e soddisfatti
dell'ambizione e della cupidigia di dominare sugli stranieri e di possedere quel
di costoro, e saziato l'odio nazionale contro l'altre nazioni, hanno sempre
rivolto il
2678 ferro contro loro medesime, ed hanno
per lo più perduto colle guerre civili quell'impero e quella ricchezza ec. che
aveano guadagnato colle guerre esterne. Questa è cosa notissima e ripetutissima
da tutti i filosofi, istorici, politici ec. Quindi i politici romani prima e
dopo la distruzion di Cartagine, discorsero della
necessità di conservarla, e se ne discorre anche oggidì ec. L'egoismo nazionale
si tramuta allora in egoismo individuale: e tanto è vero che l'uomo è per sua
natura e per natura dell'amor proprio, nemico degli altri viventi e se-amanti;
in modo che s'anche si congiunge con alcuno di questi, lo fa per odio o per
timore degli altri, mancate le quali passioni, l'odio e il timore si rivolge
contro i compagni e i vicini. Quel ch'è successo nelle nazioni è successo ancora
nelle città, nelle corporazioni, nelle famiglie ch'hanno figurato nel mondo ec.
unite contro gli esteri, finchè questi non erano vinti, divise e discordi e
piene d'invidia ec. nel loro interno, subito sottomessi gli estranei. {+Così in ciascuna fazione di una stessa
città, dopo vinte le contrarie o la contraria. V. il proem. del lib. 7. delle Stor. del
Machiavello.} Ed
è bello a questo proposito un passo di Plutarco sulla fine del libro Come si potria
trar giovamento da' nimici (Opusc. mor. di Plut. volgarizzamento da Marcello Adriani il giovane. Opusc. 14. Fir. 1819. t. 1. p.
394.) La qual cosa ben parve che
comprendesse
2679 un saggio uomo di governo
nominato Demo, il quale,
in una civil sedizione dell'isola di Chio,
ritrovandosi dalla parte superiore, consigliava i compagni a non
cacciare della città tutti gli avversarj, ma lasciarne alcuni, acciò
(disse egli) non incominciamo a contendere con gli amici, liberati
che saremo interamente da' nimici: così questi nostri
affetti
*
(soggiunge Plutarco, cioè l'emulazione, la gelosia, e
l'invidia) consumati
contra i nimici meno turberanno gli amici.
*
{+(V.
ancora gl'Insegnamenti Civili di Plut. dove il citato Volgarizzamento p. 434. ha Onomademo in vece di Demo
{{: ὄνομα
Δῆμος.}})}
[2679,1] Ora nello stesso modo che alle famiglie, alle
corporazioni, alle città, alle nazioni, agl'imperi, è accaduto al genere umano.
Nemici naturali degli uomini furono da principio le fiere e gli elementi ec.;
quelle, soggetti di timori e d'odio insieme, questi di solo timore (se già
l'immaginazione non li dipingeva a quei primi uomini come viventi). Finchè
durarono queste passioni sopra questi soggetti, l'uomo non s'insanguinò
dell'altro uomo, anzi amò e ricercò lo scontro, la compagnia, l'aiuto del suo
simile, senz'odio alcuno, senza invidia, senza sospetto, come il leone non ha
sospetto del leone. Quella fu veramente l'età dell'oro, e l'uomo era sicuro tra
gli uomini: non per altro se non perch'esso e gli altri uomini odiavano e
temevano de' viventi e degli
2680 oggetti stranieri al
genere umano; e queste passioni non lasciavano luogo all'odio {o invidia} o timore verso i loro simili, come appunto
l'odio e il timore de' Persiani impediva o spegneva le dissensioni in
Grecia, mentre quelli furono odiati e temuti.
Quest'era una specie d'egoismo umano
(come poi vi fu l'egoismo nazionale) il quale poteva pur sussistere insieme
coll'individuale, stante le dette circostanze. Ma trovate o scavate le
spelonche, per munirsi contro le fiere e gli elementi, trovate le armi ed arti
difensive, fabbricate le città dove gli uomini in compagnia dimoravano al sicuro
dagli assalti degli altri animali, mansuefatte alcune fiere, altre impedite di
nuocere, tutte sottomesse, molte rese tributarie, scemato il timore e il danno
degli elementi, la nazione umana, per così dire, quasi vincitrice {de' suoi nemici,} e guasta dalla prosperità, rivolse le
proprie armi contro se stessa, e qui cominciano le storie delle diverse nazioni;
e questa è l'epoca del secolo d'argento, secondo il mio modo di vedere; giacchè
l'aureo, al quale le storie non si stendono, e che resta in balìa della favola,
fu quello {precedente,} tale, quale l'ho descritto.
(4. Marzo 1823.)