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5. Marzo. 1823.

[2680,1]  Plutarco {nel principio} degl'insegnamenti civili, volgarizzamento cit. di sopra, opusc. 15. t. 1. p. 403. Molto meno arieno ancora gli  2681 Spartani patito l'insolenza, e buffonerie di Stratocle, il quale avendo persuaso il popolo * (credo Ateniese, o Tebano) a sacrificare come vincitore; che poi sentito il vero della rotta si sdegnava, disse: Qual ingiuria riceveste da me, che seppi tenervi in festa, ed in gioja per ispazio di tre giorni? * Agli Spartani si possono paragonate i filosofi, anzi questo secolo, anzi quasi tutti gli uomini, avidi del sapere o della filosofia, e di scoprir le cose più nascoste dalla natura, e per conseguenza di conoscere la propria infelicità, e per conseguenza di sentirla, quando non l'avrebbero sentita mai o di sentirla più presto. E la risposta di Stratocle starebbe molto bene in bocca de' poeti, de' musici, degli antichi filosofi, della natura, delle illusioni medesime, di tutti quelli che sono accusati d'avere introdotti o fomentati, d'introdurre o fomentare o promuovere de' begli errori nel genere umano, o in qualche nazione o in qualche individuo. Che danno recano essi se ci fanno godere, o se c'impediscono di soffrire, per tre giorni? Che ingiuria ci fanno se ci nascondono quanto e mentre possono la nostra miseria, o se in qualunque modo contribuiscono a fare che l'ignoriamo o dimentichiamo? (5. Marzo. 1823.).