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20. Maggio 1823.

[2700,1]  La cagione per cui negli antichissimi scrittori latini si trova maggiore conformità e di voci e di modi colla lingua italiana, che non se ne trova negli scrittori latini dell'aureo secolo, e tanto maggiore quanto sono più antichi, si è che i primi scrittori di una lingua, mentre non v'è ancora lingua illustre, o non è abbastanza formata, divisa dalla plebea, fatta propria della scrittura, usano un più gran numero di voci, frasi, forme plebee, idiotismi ec. che non fanno gli scrittori seguenti; sono in somma più vicini al plebeo da cui le lingue scritte per necessità incominciano, e da cui si vanno dividendo solamente appoco appoco, usano una più gran parte della lingua plebea ch'è la sola ch'esista allora nella nazione, o che  2701 non è abbastanza distinta dalla lingua nobile e cortigiana ec. sì perchè quella lingua che si parla (com'è la cortigiana) tien sempre più o meno della plebea; sì perchè allora i cortigiani ec. non hanno l'esempio e la coltura derivante dalle Lettere nazionali e dalla lingua nazionale scritta, per parlare molto diversamente dalla plebe. Ora l'unica lingua che possano seguire e prendere in mano i primi scrittori di una lingua, si è la parlata, giacchè la scritta ancor non esiste. E siccome la lingua italiana e le sue sorelle non derivano dal latino scritto ma dal parlato, e questo in gran parte non illustre, ma principalmente dal plebeo e volgare, quindi la molta conformità di queste nostre lingue cogli antichissimi e primi scrittori latini. Vedi un luogo di Tiraboschi appresso Perticari, Apologia di Dante, capo 43. pag. 430. (20. Maggio 1823).