21. Maggio. 1823.
[2705,3] È pur doloroso che i filosofi e le persone che
cercano di essere utili o all'umanità o alle nazioni, sieno obbligate a spendere
nel distruggere un errore o nello spiantare un abuso quel tempo che avrebbono
potuto dispensare nell'insegnare o propagare una nuova verità, o nell'introdurre
o divulgare una buona usanza. E veramente a prima vista può parer poco degno di
un grande
2706 intelletto, e poco utile, o se non
altro, di seconda o terza classe nell'ordine de' libri utili, un libro, tutta la
cui utilità si riduca a distruggere uno o più errori. (Tali sono p. e. i due Trattati di Perticari, e tutta la Proposta di Monti). Ma se guarderemo più sottilmente, troveremo che i
progressi dello spirito umano, e di ciascuno individuo in particolare,
consistono la più parte nell'avvedersi de' suoi errori passati. E le grandi
scoperte per lo più non sono altro che scoperte di grandi errori, i quali se non
fossero stati, nè quelle (che si chiamano, scoperte di grandi verità) avrebbero
avuto luogo, nè i filosofi che le fecero avrebbero alcuna fama. Così dico delle
grandi utilità recate ai costumi, alle usanze ec. Non sono, per lo più, altro se
non correzioni di grandi abusi. Lo spirito umano è tutto pieno di errori, la
vita umana di male usanze. La maggiore e la principal parte delle utilità che si
possono recare agli uomini, consiste nel disingannarli e nel correggerli,
piuttosto che nell'insegnare
2707 e nel bene
accostumare, benchè quelle operazioni bene spesso, anzi ordinariamente, ricevano
il nome di queste. La maggior parte de' libri, chiamati universalmente utili,
antichi o moderni, non lo sono e non lo furono, se non perchè distrussero o
distruggono errori, gastigarono o gastigano abusi. In somma la loro utilità non
consiste per lo più nel porre, ma nel togliere, o dagl'intelletti o dalla vita.
Grandissima parte de' nostri errori scoperti o da scoprirsi, sono o furono così
naturali, così universali, così segreti, così propri del comune modo di vedere,
che a scoprirli si richiedeva o si richiede un'altissima sapienza, una somma
finezza e acutezza d'ingegno, una vastissima dottrina, insomma un gran genio.
Qual è la principale scoperta di Locke,
se non la falsità delle idee innate? Ma qual perspicacia d'intelletto, qual
profondità ed assiduità di osservazione, qual sottigliezza di raziocinio non era
2708 necessaria ad avvedersi di questo inganno
degli uomini, universalissimo, naturalissimo, antichissimo, anzi nato nel genere
umano, e sempre nascente in ciascuno individuo, insieme colle prime riflessioni
del pensiero sopra se stesso, e col primo uso della logica? E pure che infinita
catena di errori nascevano da questo principio! Grandissima parte de' quali
ancor vive, e negli stessi filosofi, ancorchè il principio sia distrutto. Ma le
conseguenze di questa distruzione, sono ancora pochissimo conosciute (rispetto
alla loro ampiezza e moltiplicità), e i grandi progressi che dee fare lo spirito
umano in séguito e in virtù di questa distruzione, non debbono consistere essi
medesimi in altro che in seguitare a distruggere.
[2708,1]
Cartesio distrusse gli errori de'
peripatetici. In questo egli fu grande, e lo spirito umano deve una gran parte
de' suoi progressi moderni al disinganno proccuratogli da Cartesio. Ma quando questi volle insegnare e
fabbricare, il suo sistema
2709 positivo che cosa fu?
Sarebbe egli grande, se la sua gloria riposasse sull'edifizio da lui posto, e
non sulle ruine di quello de' peripatetici? Discorriamo allo stesso modo di Newton, il cui sistema positivo che già
vacilla anche nelle scuole, non ha potuto mai essere per i veri e profondi
filosofi altro che un'ipotesi, e una
favola, come Platone chiamava il
suo sistema delle idee, e gli altri particolari {o secondari
e subordinati} sistemi o supposizioni da lui immaginate, esposte e
seguite. (21. Maggio. 1823.).