14. Giugno. 1823.
[2786,1]
Alla p. 2776.
La voce ἁρπυῖαι properispómena può benissimo essere un {antico} participio di un verbo ἅρπω {+(v. la p. 2826, marg.)} come εἰκυῖα di εἴκω, εἰδυῖα di
εἴδω per sincope di εἰδηκυῖα, da εἴδα sincope di εἴδηκα. Non così di ἁρπάω al
quale non può in nessun modo appartenere.
{Altri vogliono, ed è verisimile, che εἰδώς, ἑστώς, βεβώς
{ec.} sieno participi preteriti perfetti medii.
V. p. 2975. e lo Scapula in Mέλει.} Che se i grammatici fanno questa voce
ἁρπυῖαι proparossítona, scrivendo ἅρπυιαι, 1. non tutti così fanno, e v. Schrevel. e Forcell. in Harpyiae: 2.
può ben essere che questa voce sia proparossítona ne' due luoghi dell'odissea, e
in quello della teogonia, {(v. 267.)} ne' quali
è usurpata per antonomasia, come vuole il Visconti che sia nell'odissea, o per nome appellativo,
come è nella Teogonia: perciocchè perduta la sua forma e
significazione di participio, e ridotta a sostantivo,
2787 e mutato uso, condizione e significato, non è maraviglia ch'esso
muti l'accentazione come accade in altre mille parole. Ma tale ancora, ella si
riconosce per un participio femminino, il quale non può venire se non da ἅρπω
parossítono, e non da ἁρπῶ, nè da ἁρπάω nè da ἁρπάζω, e il cui mascolino sarebbe
ἁρπώς. E nel luogo delle iscrizioni triopee, dov'ella è aggettivo, io son
d'opinione che vada scritta properispómena. Non so come la scriva il Visconti: {la lapide non
ha accenti.} 3. Ognun sa che in queste materie degli
accenti, come {in} tante altre, non è da prestar gran
fede ai grammatici che abbiamo, benchè greci, e ch'essi sono stati corretti
cento volte dagli eruditi moderni colla più accurata osservazione
dell'antichità; delle origini, delle derivazioni, delle analogie, della ragion
grammaticale della lingua greca. E se ciò accade anche nelle cose che
appartengono alla lingua di Tucidide o
di Platone, quanto minor forza avrà
un'obbiezione
2788 fondata sull'autorità di sempre
recenti e semibarbari e poco dotti grammatici in materie così antiche, come è
questa; nella quale poi in particolare, i grammatici, secondo il Visconti, errarono nella stessa
significazione della parola, pigliando per démoni alati, per tempeste, procelle,
venti ec. (v. lo Scapula e il Tusano) quelle che, secondo il Visconti, non erano altro che le Parche.

[2788,1] Del resto, quando ben si volesse che ἁρπυῖαι fosse
participio di ἁρπάω (il che io non credo) fatto per sincope d'ἁρπηκυῖαι, {+(come anche ἑστώς da ἑστηκώς o ἑστακώς o ἑσταώς o
ἑστεώς, βεβώς da βεβηκώς o da βεβαώς, βεβρώς da βεβρωκώς o da
βεβροώς)} e che il latino rapio
non fosse un disusato ἅρπω (supposto dal Visconti) ma questo ἁρπάω, (del quale trovo nel Tusano: ᾿Aρπαω, pro ἁρπάζω, usurpatur, Etym.), resterebbe sempre fermo e che ἁρπυῖαι o
ἅρπυιαι fosse in origine un participio ec. e che la lingua latina conservi qui
l'antichità più della greca, nella quale quest'ἁρπάω, che sarebbe certo più
antico di ἁρπάζω, sarà pur sempre o inusitato o rarissimo, e forse noto per lo
2789 solo Etimologico. (14. Giugno.
1823.). Nota che il Visconti, se ben mi ricordo, non cita se non due luoghi dell'odissea, e
questi sono, s'io non m'inganno, α, 241. ξ, 371. In due altri luoghi
Omero usa quella voce, l'uno Odiss. υ,
77. dov'ella sta parimente per le Parche, l'altro Iliade, Π, 150. dov'ella
è puro aggettivo d'una cavalla, e viene a dir veloce,
benchè gl'interpreti la rendono per Harpyia sostantivo
o appellativo, come negli altri luoghi d'Omero. Raptim dicono i latini per cito ec. Così ἅρπυια o ἁρπυῖα per veloce. V. ne' Lessici ἁρπακτικῶς, ἁρπάγδην, ἁρπαλέως,
καρπάλιμος, καρπαλίμως, ἀναρπάζω, ἀνάρπαστος[ἀναρπαστός,] ed ἁρπάζω per ὀξέως νοῶ, cito
intelligo et mente percipio, quasi mente corripio, usato da Sofocle. V. anche i lessici latini in rapio e suoi derivati e composti. Noi diciamo ratto (cioè raptus)
aggettivo e avverbio per veloce, presto ec. Così rattezza, rattamente ec. E i latini rapidus
rapido, francese rapide ec.
V. lo spagnuolo in questa radice, o in altra metafora di velocità, tolta dal rapire in qualunque sia voce o modo.
{V. la
Crus. in Rapina §. 1. Rapinosamente
Rapinoso, e questi pensieri p. 4165. fin.}
(14. Giugno. 1823.).
