4. Luglio. 1823.
[2887,1]
{{Alla p.
2883.}} Se ad alcuno non paressero sufficienti le
testimonianze che si hanno dell'esistenza dell'antico verbo apo, consideri che sì la forma estrinseca, sì la significazione vera e
propria, e il primitivo uso di aptus, sono al tutto di
participio. E se aptus è participio, dovrà esser
participio di apo o d'altro tal verbo, quale ch'essi
vogliano, dal qual verbo dovrà esser venuto ἅπτειν e aptare. Se non vogliono che aptus sia
participio, sarà pur sempre incontrastabile che apto
sia stato fatto da aptus. E se questo è, dunque ἅπτειν
ch'è lo stesso che apto, sarà pur venuto da aptus, o se non altro da una radice simile a questa,
la quale sarà stata nella lingua madre della greca e della latina, e
conservatasi nella latina, cioè nell'aggettivo aptus,
si sarà perduta nella greca. Che aptus venga da
ἅπτειν, o da ἅπτεσϑαι come vuol Servio, un aggettivo da un verbo, è fuor d'ogni verisimiglianza, perchè è
contrario
2888 ad ogni usata norma di derivazione, sì
per la forma materiale comparata dei detti verbi, e del detto aggettivo, sì per
la ragione grammaticale, analogia, ec. che in tal derivazione, niuna si
troverebbe. Che poi aptus venga da aptare, (come Perticari credeva che arso venisse da arsare: {vedi}
p. 2688.) sarà anche meno
verisimile a quello[quelli] che avranno ben
considerata la nostra teoria della formazione de' verbi in tare da' participii in tus, dichiarata ed esposta e provata con tanti
esempi. A tutti i quali parrà molto {più} probabile che
aptare sia un continuativo fatto da un participio
in tus ec. che non può esser se non aptus, (il quale, come ho detto, ha tutto quanto del
participio) e questo da apo ec. Che aptus sia sincope di aptatus, il qual participio esiste, ed è ben diverso da aptus, è così credibile come che jactus di jacio sia sincope di jactatus participio di jactare, e altri tali spropositi, molti de' quali sono stati detti e
creduti per non aver posto mente alla formazione de' verbi ec. che noi
illustriamo. (4. Luglio. 1823.).