12. 14. Luglio. 1823.
[2948,1] Quanto mirabile sia stata l'invenzione
dell'alfabeto, oltre tutti gli altri rispetti e modi, si può anche per questa
via facilmente considerare. È cosa osservata che l'uomo non pensa se non
parlando fra se, e col mezzo di una lingua; che le idee sono attaccate alle
parole; che quasi niuna idea sarebbe {o è} stabile e
chiara se l'uomo non avesse, o quando ei non ha, la parola da poterla esprimere
non meno a se stesso che agli altri, e che insomma l'uomo non concepisce quasi
idea chiara e durevole se non per mezzo della parola corrispondente, nè arriva
mai a perfettamente e distintamente concepire un'idea, {anzi
neppure a} determinarla nella sua mente in modo ch'ella sia divisa
dall'altre, e divenga idea, oscura o chiara che sia, nè a fissarla in modo ch'ei
possa richiamarla, riprenderla, raffigurarla nella sua mente e seco stesso
quando che sia; non arriva, dico, a far questo mai, finch'egli non
2949 ha trovato il vocabolo con cui possa significar
questa idea, quasi legandola e incastonandola; o sia vocabolo nuovo, {o nuovamente applicato,} se l'idea è nuova, o s'egli non
conosce la parola con cui gli altri la esprimono, o sia questo medesimo vocabolo
che gli altri usano a significarla.
[2949,1] Tutto ciò ha luogo in ordine ai suoni elementari
della favella, per rispetto all'alfabeto. L'alfabeto è la lingua col cui mezzo
noi concepiamo e determiniamo presso noi medesimi l'idea di ciascuno dei detti
suoni. Quegli che non conosce l'alfabeto, parla, ma non ha veruna idea degli
elementi che compongono le voci da lui profferite. Egli ha ben l'idea della
favella, ma non ha per niun conto le idee degli elementi che la compongono:
siccome infinite altre idee hanno gli uomini, degli elementi e parti delle quali
non hanno veruna idea nè chiara nè oscura che sia separata dalla massa
dell'altre: e questo appunto è il progresso dello spirito umano; suddivider le
idee, e concepir l'idea delle parti e degli elementi delle medesime, conoscere
2950 che quella tale idea ch'egli teneva per
semplice, era composta, o scompor quella idea ch'era stata semplice per lui
finallora, e scompostala concepir l'idee delle parti di essa, sia di tutte le
parti, sia d'alcuna. Nè altro è {per l'ordinario} una
nuova idea, {#1. Parlo di quelle idee che
avanzano decisamente lo spirito umano e l'intelletto. Avvi molte idee nuove,
che non son tali se non perchè nuovamente composte d'altre idee già note (al
contrario delle idee nuove di cui qui si parla). Ma queste appartengono la
più parte all'immaginazione, e spetta al poeta il proccurarcele. E
l'intelletto non ci guadagna. Altre nuove idee vengono dirittamente dai
sensi, quando vediamo o udiamo ec. cose non più vedute o udite, le quali
idee non si può ora determinare quando siano più semplici e quando più
composte delle già possedute. Ma queste nuove idee non derivano
dall'intelletto, del quale adesso ragioniamo.} che una porzione d'idea
già posseduta, nuovamente separata dalle altre porzioni della medesima, e
nuovamente determinata in modo ch'ella sussista da se, e sia idea da se, e da se
si concepisca.
[2950,1] Or questa determinazione si fa col mezzo della
lingua, cioè con un vocabolo nuovo o nuovamente applicato. E non è
difficilissimo il farlo, perocchè la lingua è già trovata e posseduta, e l'uomo
ha chiare idee degli elementi che la compongono, cioè de' vocaboli, e facilmente
si aggiunge alle cose trovate.
[2950,2] Ma per determinare gli elementi della voce umana
articolata, l'unica lingua, come ho detto, è l'alfabeto. Or questa lingua non
era trovata ancora, e niuna idea se ne aveva. Quindi niun mezzo
2951 di determinare presso se stesso {le idee degli} elementi di detta voce; e quindi infinita
difficoltà di concepir queste idee e di fissarle nella propria mente; cioè di
suddivider l'idea della voce, e stabilire nel proprio intelletto le idee
separate delle di lei porzioni.
[2951,1] A noi già istruiti dell'alfabeto, niuna difficoltà
reca il concepire determinatamente l'idea di ciascun suono di nostra voce,
distintamente l'uno dall'altro. Ma supponghiamo, come ho detto, un uomo non
istruito dell'alfabeto, quali sono i fanciulli e gl'illetterati, e senza
insegnargli l'alfabeto, nè dargliene veruna idea (s'è possibile che nel presente
stato di cose, un uomo, benchè ignorante, niuna lontana e confusa idea possegga
dell'alfabeto), comandiamogli ch'egli da se risolva la sua propria voce nei
suoni che la compongono, e dica quanti e quali. Già questa sola proposizione
moltissima luce gli darà, la qual non avevano i primi inventori dell'alfabeto,
perocch'egli intenderà che la sua voce è composta di parti diverse l'una
dall'altra, e concepirà l'idea della divisibilità della medesima. Idea
difficilissima
2952 a concepire, e molto più quella,
che tali parti si possano determinare ciascuna da se, e concepire distintamente
l'una dall'altra. A ogni modo, dopo tutte queste idee preliminari, {e} dopo aver fatto così grandi e difficili passi verso
l'invenzione dell'alfabeto, si può quasi certamente credere ch'egli in niun modo
riuscirà nè a trovare e concepire quali parti ed elementi compongano il suono
della sua voce, nè quando anche trovasse e concepisse la qualità e diversità
scambievole di questi elementi, riuscirà a determinare e fermare appo se stesso
l'idea di ciascuno di loro, non avendo i segni con cui significarli, e
rappresentarli distintamente a se stesso, ed a cui riferire le sue proprie idee;
nè formerà per niun modo il pensiero che siccome l'altre idee si rappresentano e
determinano co' vocaboli, e così determinate e rappresentate, ad essi vocaboli
si riferiscono, così anche quelle de' suoni elementari si possano significare e
determinare con altri segni, cioè con quelli dell'alfabeto, ed a questi
riportare
2953 colla mente. Imperciocchè questo appunto
è quello che noi facciamo, senz'avvedercene: rapportiamo ciascun suono
elementare al corrispondente carattere dell'alfabeto, e per questo mezzo ne
concepiamo chiaramente e determinatamente l'idea distinta e separata, sempre che
ci occorre, e la richiamiamo e riprendiamo a piacer nostro. Così facciamo
dell'altre idee rispetto alle parole.
[2953,1] Ed è notabile che in questo secondo caso, noi
rapportiamo l'oggetto della nostra idea alla parola che lo significa, o
pronunziata o scritta. Gli uomini avvezzi alla lettura, sogliono per lo più
rapportarsi al vocabolo scritto, e concepir tutt'insieme l'idea di ciascuna
cosa, del vocabolo che lo significa, e della forma materiale in ch'egli si
scrive. {#1. V. p. 3008.} Ma gl'illetterati e i
fanciulli si rapportano semplicemente al vocabolo pronunziato, e ciò basta a
concepire l'idea determinata e chiara di qualsivoglia cosa il cui vocabolo si
conosca, e di qualsivoglia vocabolo il cui significato ben s'intenda. Perocchè
ciascun vocabolo anche
2954 semplicemente considerato
nella sua profferenza, nella qual solamente possono considerarlo gl'illetterati,
ha tanto corpo, e per così dire persona, e tanta consistenza, che basta a ferire
i sensi, e quindi essere ritenuto nella memoria, e distinto col pensiero dagli
altri vocaboli.
[2954,1] Il che non accade circa i suoni della voce. Perocchè
esso suono è il vocabolo di se medesimo; e quindi l'idea del suono e del
vocabolo che lo significa essendo una cosa stessa, e non potendosi l'uno
riferire all'altro, la mente non è in verun modo aiutata dal linguaggio a
concepire determinatamente e ritenere {+e
richiamare a suo talento} le idee d'essi suoni distinte l'una
dall'altra. Vero è che non potendosi profferir da sè se non le vocali, tutti gli
altri suoni hanno presso noi una sorta di nome, che non è propriamente esso
suono nudo, come bi
ci, sono nomi di b
c. E nelle antiche lingue ciascun suono anche vocale,
portava un suo proprio nome arbitrario e di convenzione (come son le parole,
{o vogliam dire} come i nomi d'ogni altra
2955 cosa) il qual nome era più distinto che fra noi da
esso suono nudo, onde si può dir che in quelle lingue i suoni della favella
avessero i loro vocaboli diversi dall'oggetto, siccome l'avevano gli altri
oggetti; che il linguaggio aiutasse il pensiero anche circa i detti suoni, e che
la nuda idea de' medesimi avesse dove appoggiarsi e a che riferirsi anche fuori
della scrittura e dell'alfabeto scritto, cioè i nomi conventizi ed imposti dei
detti suoni, e l'alfabeto pronunziato. Per esempio alèf, beth, ghimèl, alfa, beta,
gamma, iota, eta erano nell'ebraico e nel greco i nomi propri de'
suoni, diversi da' medesimi suoni.
[2955,1] Contuttociò, se non agli antichi, certo ai moderni,
si può considerar come quasi impossibile di concepir chiaramente e precisamente,
ritener costantemente, e richiamar facilmente le idee di ciascun suono
elementare della favella, delle qualità proprie di ciascuno, e della loro
scambievole diversità, senza la cognizione dell'alfabeto scritto.
2956 Nè credo che si possa allegare esempio di chi
possegga o abbia mai posseduto distintamente e perfettamente queste tali idee
nel modo e colle condizioni ch'io dico, senza conoscere i caratteri che le
significano e rappresentano. Vale a dire non credo che alcuno abbia mai avuto e
ritenuto, abbia e ritenga la chiara, determinata e distinta idea di ciascun
suono, senza poterlo riferire al rispettivo carattere dell'alfabeto, ma
rapportandolo solamente al suo vocabolo, o non rapportandolo a cosa alcuna, ma
considerandolo col pensiero solamente in se stesso, e tenendolo semplicemente
per se stesso. Non lo credo, dico, di alcuno, e neppur degli antichi, i quali
tengo per fermo che nell'imporre i nomi che imposero ai suoni, avessero
tutt'altro intento e motivo {#1. Notisi che
i nomi delle lettere ebraiche (onde derivano quei delle greche, che in greco
non significano niente) hanno tutti una significazione indipendente affatto
dal suono della rispettiva lettera, e son parole della lingua, nè hanno
relazione alcuna tra loro, nè colla rispettiva lettera altro che il
cominciare appunto per essa, come alèf, dottrina; beth, casa ec.} che quello di aiutar con essi nomi
il pensiero, e di far ch'essi suoni si potessero insegnare separatamente
dall'alfabeto scritto, ed esser saputi, conosciuti distintamente e costantemente
ritenuti da quelli che non conoscessero i caratteri nè potessero in niun modo
leggere. Certo i fanciulli
2957 oggidì non prima
imparano a distinguere i suoni del proprio lor favellare che ad intendere i
caratteri che li significano, nè la distinta cognizione e idea di quelli è nelle
menti loro per alcun tempo scompagnata dalla cognizione e dalla idea di
questi.
[2957,1] Per le quali ragioni io dissi di sopra (p. 2953.) che noi colla nostra mente
rapportiamo sempre ciascun suono elementare della favella al corrispondente
carattere dell'alfabeto, quante volte concepiamo nella mente nostra la distinta
idea di qualsivoglia dei detti suoni; e non dissi al nome o vocabolo de'
medesimi.
[2957,2] Con queste considerazioni fra l'altre, e per questa
via, si può facilmente comprendere e sentire che l'invenzione dell'alfabeto fu,
si può dire, così difficile, ed è così maravigliosa come fu ed è l'invenzione
della lingua. Perocchè quel medesimo che dee farci maravigliare intorno alla
lingua, cioè come sienosi potute avere idee chiare e distinte senza l'uso delle
parole, e come inventar
2958 le parole senza avere idee
chiare e distinte alle quali applicarle, questa medesima meraviglia ha luogo in
proposito dell'alfabeto. Potendosi appena concepire come questo abbia potuto
preceder le idee chiare e distinte de' suoni elementari, o come tali idee
abbiano potuto essere innanzi alla cognizione de' segni che li figurano. Onde si
può applicare all'alfabeto quel detto di Rousseau il quale confessava che nella considerazion della lingua e
nello investigare e spiegare l'invenzione della medesima, trovavasi in
grandissimo imbarazzo perchè non sembra possibile una lingua formata innanzi a
una società quasi perfetta, nè una società {quasi}
perfetta innanzi all'uso d'una lingua già formata e matura.
[2958,1] Anzi a rispetto dell'alfabeto cresce sotto un certo
riguardo la meraviglia. Perchè idee chiare e distinte d'oggetti sensibili e
sensibilmente distinti {gli uni dagli altri,} si
poterono avere anche senza l'uso delle parole, e trovate le parole a significar
questi oggetti, si potè col mezzo delle similitudini e delle metafore
(principale
2959 strada per cui tutte le lingue si
accrebbero) nominare eziandio gli oggetti meno sensibilmente distinti fra loro,
e quindi {i} meno sensibili, i meno chiaramente
conceputi, e finalmente gl'insensibili e gli oscurissimi; {+e trovare il modo di significarli.} Ma questa
scala non ebbe luogo in ordine all'alfabeto, che è, come ho detto, la lingua
significante i suoni elementari. Tutti questi, benchè cadano sotto i sensi, sono
tuttavia così confusi, legati, stretti, incorporati gli uni cogli altri nella
pronunzia della favella, così lontani dall'essere in modo alcuno sensibilmente distinti, e la loro
diversità scambievole è così difficile a notare, ch'ella è quasi fuor del
dominio de' sensi, e la difficoltà di concepire l'idea chiara e distinta di
ciascuno di loro senza i segni, e di trovarne i segni senz'averne conceputo le
chiare e distinte idee, non è quasi aiutata da verun rispetto, nè {fu potuta} vincere gradatamente, ma quanto alla parte
principale, e alla somma dell'invenzione, essa difficoltà fu dovuta
necessariamente vincere tutta in un tratto. Questa
2960
invenzione, per dirlo brevemente, apparteneva tutta all'analisi; è di natura
sua, tutta opera ed effetto di questa; richiedeva essenzialmente la risoluzione
negli ultimi {e semplicissimi} elementi, le quali cose
sono appunto le più difficili all'umano intelletto, e le ultime operazioni
ch'egli soglia giungere a fare. (12. 14. Luglio. 1823.).