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17. Luglio 1823.

[2985,1]  Se molti continuativi latini non hanno una significazione continuativa {del verbo originale,} ma uguale o poco diversa da questo, ciò non toglie che la virtù della loro formazione non sia veramente continuativa, e che la proprietà loro non sia tale, benchè non sempre osservata {e custodita} dagli scrittori latini, e in alcuni verbi non mai, per le ragioni dette altrove. Che se questa obbiezione valesse, ella varrebbe nè più nè meno contro coloro che chiamano quei verbi frequentativi, non trovandosi ch'essi abbiano sempre o tutti un significato diverso da' verbi originali, e varrebbe anche circa quei medesimi verbi in itare ch'io dico esser veramente frequentativi di formazione. P. e. il Forcell. in parito dice ch'egli è frequentativo di paro (e per formazione può infatti esser non meno frequentativo che continuativo), soggiungendo et eiusdem fere significationis. * Così {+in haesito, e} spessissimo. Dunque la detta obbiezione farebbe tanto contro i passati grammatici e le passate denominazioni e teorie de' verbi formati  2986 da' participi in us, quanto contro di me e delle mie denominazioni, distinzioni e teorie. {+Se tali verbi non hanno senso continuat.[continuativo], neanche l'hanno frequentat.[frequentativo.] Dunque l'obbiezione non è più per me che per gli altri.} (17. Luglio 1823.).