24. Luglio 1823.
[3024,2]
Alla p. 2828.
fine. Notate che anche la vera pronunzia e la vera armonia della
lingua latina è da gran tempo e perduta e ignota. Contuttociò, quantunque sia
certissimo che questo rende assai difficile ai moderni di scrivere secondo la
vera indole della lingua, del giro, del periodo, della costruzione latina ec.,
nondimeno, siccome la lingua latina è morta, così lo scrittore che oggi vuole
scrivere in
3025 latino (e così quelli che scrissero in
latino dal 300. in poi) può trascurare affatto la pronunzia moderna, può anche
fino a un certo segno dimenticarsela, può astrarre affatto dall'armonia, e non
considerando negli antichi scrittori se non le pure costruzioni, i puri periodi
ec. indipendentemente sì dal ritmo che ne risultava sì da quello che oggi ne
risulta, seguirli e imitarli ciecamente tali quali sono essi, non facendo caso
della moderna pronunzia. Ma la lingua greca era ancor viva, benchè la pronunzia
fosse cambiata, e agli scrittori non era nè facile il dimenticare e astergersi
dagli orecchi il suono quotidiano e corrente della loro propria favella, nè
volendo ancora seguire (come molti vollero) strettamente e imitare esattamente
gli antichi, era loro possibile negare affatto ai loro periodi un numero che
fosse sentito dall'universale {{de' greci a}} quel
tempo. Poichè questi periodi avevano pure ad esser letti e pronunziati da
nazionali che quantunque non pronunziassero come una volta, intendevano però e
parlavano tuttavia quella lingua, come
3026 materna.
Onde non era quasi possibile dare {nelle scritture}
alla lingua, ch'era pur nazionale e volgare, un ritmo al tutto, si può dir,
forestiero, e ignoto a tutti, fino allo stesso scrittore; ch'è quanto dire non
darle in somma alcun ritmo, (24. Luglio. 1823.) cioè niun ritmo che
alla nazione a cui si scriveva, nè pure allo stesso scrittore, riuscisse tale.
(24. Luglio 1823.).