2. Agosto. dì del Perdono. 1823.
[3080,2]
Alla p. 2740.
marg. Io credo bene che il ψ fosse posto in uso tanto per esprimere il
πσ, quanto il βσ e il ϕσ; e così il ξ tanto pel κσ, quanto pel γσ e pel χσ;
posto in uso, dico, dagli scrivani che in quei primi tempi e in quella
imperfezione dell'ortografia, non distinguevano bastantemente {+e confondevano rispetto ai segni}
le varie pronunzie e i vari suoni, {massime affini,} nè
si curavano di distinguerli più che tanto l'un dall'altro nelle scritture, o non
sapevano perfettamente farlo. Credo per conseg. che antichissimamente ϕλέψ si
pronunziasse e scrivesse ϕλέβσ, non ϕλέπς; ἀλείψω si pronunziasse e scrivesse
ἀλείϕσω, e non ἀλείψω; λύγξ λύγγς, e non λύγκς; ἄρξω ἄρχσω, e non ἄρκσω; e così
dell'altre doppie. Ma che poi, introdotto l'uso di queste doppie si
continuassero quelle lettere a pronunziare secondo la derivazione grammaticale o
l'uso antico e le antiche radicali, e che quindi p. e. il ψ e il ξ avessero ora
una pronunzia
3081 ed ora un'altra, cioè ora πσ ora βσ
ec. non lo credo, anzi tengo che il ψ fosse sempre pronunziato πσ, e il ξ sempre
κσ. {#1. Passaggio non difficile neppure nella pronunzia (e
ordinario anche {e regolare} in milione d'altri
casi sì nella pronunzia che nella scrittura e grammatica greca) d'una in
un'altra affine, cioè dalle palatine γ e χ alla palatina κ, e dalle
labiali β ϕ alla labiale π. Massime che il π e il κ sono veramente medie
nella pronunzia tra le loro affini, benchè si assegni il nome di medie
al γ e al β, e al δ, non al τ ec..} Lo deduco dal latino,
fra' quali parimente il x fu sostituito sì al cs che al gs, ed anticamente
scrivevasi e pronunziavasi p. e. gregs, legs, regs, non grecs, lecs, recs, come oggidì, almeno noi italiani, sogliamo
sempre pronunziare. V. il Forc. e il Diz. di gramm. e letterat. dell'Encicl.
metod. in X. Ma che in seguito il x anche tra' latini
antichi, ossia de' buoni tempi, fosse sempre pronunziato cs, come oggi, dimostrasi dal considerare p. e. i verbi lego, rego, tego e simili (appunto venuti da' nomi sopraddetti) i
quali nel perfetto fanno rexi, texi (lego ha legi). Dove certo la x antichissimamente equivalse a gs, come ho detto
altrove pp. 1122-23. Ma eccovi i participii lectus, rectus, tectus, che da prima furono legitus ec. e poi contratti, mutarono il g in c. Resta dunque più che
probabile che anche quei perfetti si pronunziassero col c, recsi, tecsi malgrado
3082 la loro derivazione grammatic. e quindi è altrettanto probabile
che qualora nell'x doveva esservi il g, passasse in c, giacchè non v'è niuna
ragione di più perch'ei dovesse far questo passaggio ne' detti perff. che in
qualunqu'altra voce. (2. Agosto. dì del Perdono. 1823.).