12. Sett. 1823.
[3421,1] Che i miracoli della musica, la sua natural forza sui
nostri affetti, il piacere ch'ella
3422 naturalmente ci
reca, la sua virtù di svegliar l'entusiasmo e l'immaginazione, ec. consista e
sia propria principalmente del suono o della voce, in quanto suono o voce grata,
e dell'armonia de' suoni e delle voci, in quanto mescolanza di suoni e voci
naturalmente grata agli orecchi; e non già della melodia; e che conseguentemente
il principale della musica e la considerazione de' suoi effetti non appartenga
alla teoria del bello proprio, più di quello che v'appartenga la considerazione
degli odori, sapori, colori assoluti ec., perocchè il diletto della musica,
quanto alla principale e più essenziale sua parte, non risulta dalla
convenienza; veggasi in questo, che non v'ha così misera melodia che
perfettamente eseguita da un istrumento o da una voce gratissima non diletti
assaissimo; nè v'ha per lo contrario così bella melodia ch'eseguita p. e. con
bacchette su d'una tavola, {+o su di più
tavole che rispondano a' diversi tuoni,} o in qualsivoglia istrumento
o voce ingratissima o niente grata, rechi quasi diletto alcuno, e ciò quando
anche ella sia eseguita perfettamente rispetto a
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se stessa. E ben gli uomini si sono potuti accorgere delle suenunciate verità in
questi ultimi tempi, ne' quali, per quello che se n'è detto, la sorprendente
voce della Catalani ha rinnovato quasi
negli uditori i miracolosi effetti della musica antica. Certo questi effetti non
nascevano nè principalmente nè essenzialmente nè quasi in parte alcuna dalle
melodie. Le quali, oltre che da mille altri potevano esser cantate, si sa poi
ch'erano delle più triviali ed insipide. Tutto il diletto era dunque originato
dalla voce della cantante, cioè dalle qualità d'essa voce che piacciono
naturalmente agli orecchi umani, tutte indipendenti dalla convenienza:
straordinaria dolcezza, flessibilità, rapidità, estensione ec. {+1. voce canora, sonora, chiara, pura,
penetrante, oscillante, tintinnante, simile alle corde o ad altro istrumento
musicale artefatto ec. ec.}
[3423,1] Con queste osservazioni non farà maraviglia che i
barbari e anche gli animali sieno tanto dilettati dalla nostra musica, benchè
non assuefatti alle nostre melodie, e quindi non capaci di conoscere nè di
sentire quello che noi chiamiamo il bello musicale. Non sono le melodie in se,
nè la loro novità, che producono in essi il
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diletto: sono gl'istrumenti e le voci, che presso noi sono raffinate e perfette,
queste coll'esercizio, coll'arte ec. quelli colle tante invenzioni e
perfezionamenti ec. Alla perfetta qualità di questi organi unita l'arte di
adoperarli perfettamente cioè di trarne de' suoni più grati ec. che non ne
trarrebbe chi non avesse alcun'arte; unitavi di più l'arte di accordare insieme
questi organi nel modo ch'è naturalmente il più grato agli orecchi (come l'arte
di mescolare e temperare i sapori); ne risulta una dolcezza ec. che a' barbari
riesce affatto nuova, e che perciò produce in essi un piacer sommo ed effetti
mirabili; piacere ed effetti che niente hanno da far col bello, perchè niente
colla convenienza, se non con quella ch'è relativa alla naturale disposizione
degli orecchi, e che tanto appartiene al bello, quanto la grata mescolanza de'
sapori, ch'è una convenienza dello stessissimo genere dell'armonia musicale. Con
queste osservazioni si spiegheranno ancor bene, e meglio che in alcun altro
modo, moltissimi
3425 de' miracoli della musica antica,
massime quelli che si raccontano delle nazioni o de' tempi più rozzi, come di
Saule e Davidde ec. Essi miracoli non nascevano dalle qualità
delle melodie, come si crede, ma dalle qualità naturali o artifiziali
degl'istrumenti o delle voci, e del modo di toccarli o adoperarle, in quanto da
tali qualità nascevano suoni, o armonie di suoni, straordinariamente grate per
se stesse all'orecchio; straordinariamente, dico, rispetto a quelle nazioni o a
quei tempi. L'esser da lungo intervallo dissuefatto dall'udir musiche, produceva
anch'esso e produce tuttavia molti mirabili effetti, i quali s'attribuiscono
alle melodie, ma non nascono infatti principalmente che dalla sensazione di
suoni grati ec. per se stessa, tornata ad essere molto efficace per la
dissuefazione. Se Alessandro tutto il dì
occupato nelle cose militari, era a tavola mirabilmente affetto e dominato dalla
musica (se non erro) di Timoteo, ciò
si rechi alla suddetta cagione, oltre al vino che
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naturalmente esalta l'animo, in un corpo stanco massimamente; e dispone a provar
vivissime sensazioni per menome cause ancora.
[3426,1] Osservisi che generalmente fa negli uomini molto
maggiore effetto la musica vocale che l'istrumentale, la voce di una donna in un
uomo che quella di un uomo, e nella donna viceversa; la voce di basso fa forse
nella donna maggior effetto che quella di tenore o contralto, e nell'uomo al
contrario ec. Così de' diversi istrumenti, quello fa in generale maggior
effetto, produce maggior piacere ec.; questo meno. Tutto ciò in parità di
circostanze, e trattandosi p. e. d'una medesima melodia ec. Or tali differenze
non hanno a far nulla colla convenienza, nulla col bello proprio, sono
indipendenti dalla qualità delle melodie, che sole spettano nella musica al
discorso del bello; appartengono alle qualità sole de' suoni ec.; sono della
stessa categoria che le differenze degli odori e sapori ec. che niuno s'avvisò
di chiamar belli nè brutti, bensì più o meno piacevoli o dispiacevoli:
3427 e ciò {non per altro se
non} perchè in essi non ha luogo, come non l'ha nel nostro caso, il
discorso della convenienza ec. (12. Sett. 1823.).