28. Sett. 1823.
[3544,2]
Alla p. 3496.
Platone nel cit. luogo non par che supponga i démoni un
composto d'uomo e Dio, bensì un genere intermedio tra questo e quello, che
serviva, com'egli espressamente dice, di gradazione, e a riempiere il vôto che
sarebbe stato nella serie degli ésseri, tra il divino e l'umano genere. Pareva
dunque agli antichi {anche filosofi profondi} che tra
questi due generi, tra l'uomo e il Dio, avesse luogo ottimamente la gradazione,
niente manco che tra
3545 specie e specie d'animali,
tra il regno animale il vegetabile ec. Ed erano così lontani dal credere, come
oggi si fa, che la distanza fra l'umano e 'l divino fosse infinita, e infiniti,
o molto numerosi, i gradi intermedi; che anzi egli stimavano che un solo anello
s'intrapponesse nella catena fra' sopraddetti due, e bastasse a congiungerli o
continuarli, e che dall'uomo al Dio un solo grado {passasse,
due soli gradi s'avesse a montare,} e la serie non pertanto fosse
continua. (28. Sett. 1823.). {Aggiungi gli amori degli Dei verso le mortali e delle
Dee verso i mortali (tanto gli antichi stimavano la bellezza umana), e il
congiungersi di quelli o di queste con quelle o con questi (come se il
divino e l'umano non fossero pur due specie assai prossime, ma appresso a
poco una stessa, così diversa, come in molte specie d'animali vi sono delle
sottospecie, altre più forti, belle, maggiori ec. altre meno), e il
generarsi o partorirsi figliuoli mortali dagli Dei e dalle dee, mortali
affatto, o semidei, come Bacco.
ec.}