28. Sett. 1823.
[3546,1] In una città piccola, massime dove sia poca
conversazione, non essendo determinato il tuono della società, {+(neppur un tuono proprio particolarmente
d'essa città, qual sempre sarebbe in una città piccola, quando veggiamo che
anche le grandi hanno sempre notabilissime nuances
di tuono lor proprio, e differenze da quello dell'altre, anche dentro una
stessa nazione)} ciascun fa tuono da se, e la maniera di ciascuno,
qual ch'ella sia, è tollerata e giudicata per buona e conveniente. Così a
proporzione in una nazione, dove non v'abbia se non pochissima società, come in
italia. Il tuono sociale di questa nazione non
esiste: ciascuno ha il suo. Infatti non v'è tuono di società che possa dirsi
italiano. Ciascuno italiano ha la sua maniera di conversare, o naturale, o
imparata dagli stranieri, o comunque acquistata. Laddove in una nazione
socievole, e così a proporzione in una città grande, non è, non solo stimato, ma
neppur tollerato, chi non si
3547 conforma alla maniera
comune di trattare, e chi non ha il tuono degli altri, perchè questa maniera
comune esiste, e il tuono di società è determinato, più o meno strettamente, e
non è lecito uscirne senza esser messo, nella società ec., fuor della legge, e
considerato come da men degli altri, perchè dagli altri diverso, diverso dai
più. (28. Sett. 1823.).