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9. Ott. 1823.

[3636,2]  Alla p. 3310. Non è propriamente (benchè si chiami) Amore quello che noi ponghiamo al cibo che ci pasce e diletta, e agl'istrumenti e  3637 alle cose tutte che servono ai nostri piaceri, comodi e utilità. Perocchè l'affetto che ci muove verso questi obbietti non ha nemmeno apparentemente per fine gli oggetti medesimi (che è il caso in cui il nostro affetto si chiama propriamente amore), {#1. Perocchè amor vero cioè che abbia effettivamente per proprio fine l'oggetto amato, o vogliamo dire il suo bene e la sua felicità, non si dà in alcuno essere, neppure in Dio, se non verso lo stesso amante.}) ma noi soli {apertamente e} immediatamente o vogliam dire i nostri piaceri, comodi, vantaggi, in quanto nostri. (9. Ott. 1823.). {{V. p. 3682.}}